Al Varese non basterà un pezzo di carta: ripartiamo da uomini, cuore e serietà

Fidejussione o presunti soci da fuori non garantiranno mai la salvezza e l’iscrizione al Varese 1910. Gente e città non credono alle favole. Ricominciamo dal marciapiede del 2004: torneremo in serie A

Un’era è finita, un’altra (diversa, migliore) in qualche modo inizierà. Forse avrà pure trovato il milione e duecentomila euro con cui iscrivere la squadra in Lega Pro, o addirittura soci siciliani da presentare al , ma come farà a garantire gli altri milioni che servono da qui a poche settimane per costruire la squadra e far fronte ai debiti e alle altre scadenze degli stipendi arretrati? non potrà e non dovrà farlo. Perché andrebbe incontro al fallimento. Il Varese è la città, non chi lo rappresenta.. Sarebbe una fatica di Ercole vana, un sacrificio inutile. Questa società non è più credibile. Non ha più ali. Né fiato. Né cuore, né gente.

Non si può partire con 4 punti di penalità per i pagamenti non versati (smettiamola di non pagare calciatori, fornitori e dipendenti: basta! È immorale, è senza dignità, e non può essere sempre colpa di chi è venuto prima. Meglio pochi soldi, ma veri e garantiti sempre) e almeno un altro -4 per la partita venduta al Catania: totale, -8, e non certo per colpa dei “pulcini” e . Non crediamo agli asini che volano. Il Varese venduto e fallito non può e non deve essere salvato da banche e soci in entrata dalla Sicilia: che senso della realtà e del futuro può avere tutto ciò?potrà mai avallare un salvataggio che sa di fallimento rimandato, senza avere le spalle coperte da garanzie inconfutabili e certezze che vadano oltre la leggerezza d’un pezzo di carta da 400mila euro (il Varese è altro, è romanzo, è vita, è una croce da portare assieme)? No, non può farlo. E anche Trainito sa benissimo che non potrà, da solo, garantire la vita a una società morta dentro (il dg , di fatto, è già via), e fuori, nell’immaginario della sua gente.

E i 250 ragazzi delle giovanili? Chi arriverà dopo, non li lascerà certo in mezzo a una strada. E i dipendenti senza lavoro? Quelli che hanno versato lacrime, sangue e passione disinteressata per il Varese, non verranno abbandonati. E i creditori del territorio? Lavoreranno con il nuovo Varese e otterranno almeno il minimo del dovuto dalla vecchia proprietà () che potrà mantenere in vita il titolo sportivo senza rischiare di fallire (ma 105 anni di storia non possono restare prigionieri dei guai di una sola persona, e di come pensa di

risolverli). Non siamo Cassandre presaghe di sventura, come accusano occhiuti e miopi filogovernativi:. E proviamo a scrivere prima quello che succede, non quando è già successo. Il sindaco Fontana tutto ciò lo sa benissimo, e lo sa anche Trainito: serve ripartire da capo, per il bene di tutti, con l’aiuto di tutti. Il Varese non ha bisogno di un’ultima boccata d’ossigeno perché non servirebbe a nulla: tra qualche settimana saremmo al punto di partenza, costretti ad arrampicarci sui vetri per trovare improbabili salvatori e per vendere il fondoschiena al miglior offerente.

Il Varese ha bisogno di un gruppo di uomini che parlino serenamente e seriamente alla città, dicendo: «Noi sappiamo cosa è questa maglia, ce l’abbiamo tatuata addosso. Noi siamo in debito con Peo Maroso e con questi colori che ci hanno dato tanto, forse tutto. Noi non promettiamo la serie B, ma promettiamo di amare il Varese. E di sederci nuovamente sul marciapiede che lo vide nascere nel 2004, pensando che questa sia l’unica squadra al mondo. Noi, da tifosi del Varese a tifosi del Varese, diciamo: ricominciamo dalle persone, dai valori, dalla serietà, dai sogni. Da quell’urlo della curva Nord in Eccellenza, che poi divenne l’urlo di Sannino in Seconda Categoria, e l’urlo di Sogliano in serie B: “Torneremo, torneremo, torneremo in serie A”». Preso atto di questo, il finale è già scritto. Come il ritorno alle origini. Basta prenderne atto. Prima che sia troppo tardi per chi non lo fa.