Varese risponde così ad anni di fango, ladri e bugie. Con gli applausi e il tifo stordente di un pubblico straboccante che fa persino un po’ paura ma soprattutto fa la storia perché ciascuno ha la sensazione di essere il Neto Pereira decisivo nella partita della rinascita: con un biglietto, con un incitamento, con un mattoncino portato per quel che può. Cacciati i mercanti, nel tempio biancorosso torna la gente, che gioisce solo perché c’è e perché questa è di nuovo la sua squadra. I numeri, che s’ingrossano di giorno in giorno, con le azioni sul campo e fuori faranno di serate come questa uno dei più grossi esempi di civiltà da sbattere in faccia a chi si è fermato davanti a due porte segate e due scritte sul campo. Gente arrampicata anche sulle scale di una tribuna stracolma, imponente e quasi feroce nella ricerca di un urlo, di una corsa, di un gol, di un Varese “diverso” in cui anche il più piccolo particolare è divorato con gli occhi, amato alla follia, perché purissimo e biancorosso. Da un bagno di folla all’altro, con una tribuna troppo piccola per contenere la voglia di rinascita, alla ricerca di valori perduti (anzi, strappati) da attaccare alla balconata della nuova sede dipinta di bianco e rosso dal mitico Merlo, alle stoccate di Marrazzo che per l’imponenza del fiuto del gol sotto rete ricorda a tutti – anche se nessuno osa pronunciarlo – Leonardo Pavoletti: Marroletti, anzi Pavonazzo. Tutto lo stadio che salta (se non lo fai sei un comasco), che canta, che si spella le mani, che si alza in
piedi come a una finale playoff per ogni giocatore che esce o entra dalla panchina, che si mangia con gli occhi qualunque cosa sia biancorossa. Che non conosce i nomi di tutti e li chiama per numero: vai 8! Passa 11! Segna il 9, ah, no il 9 hanno già imparato tutti come si chiama e quando viene sostituito, l’ovazione fa girare la testa come all’uscita di Neto. Devis Mangia entra allo stadio e dice: “C’ero all’ultima in Eccellenza e ci sono alla prima”. Non è il solo: ci sono in 1500 o forse di più, c’è Giorgetti al suo posto di battaglia, ci sarà Tiziano Masini all’esordio di Besozzo (guai se anche l’ultimo tifoso del Varese che vuole entrare non potesse farlo). C’è la curva (bentornati, senza di voi che avete fatto finire un’agonia insopportabile, non avremmo potuto ricominciare), c’è la sostanza dopo quasi due anni di plastica e vuoto, mancano solo Beppe e Sean (Mangia invece è qui) rispetto all’altra scalata ma un giorno torneranno per completare questa, un altro playoff dal finale giusto. Loro hanno già dimostrato che niente è impossibile. Adesso che la gente si è risvegliata, e che non si farà più portare via senso di appartenenza e orgoglio, è molto meno impossibile di undici anni fa. Adesso che pure un piccolo logo è tutto ciò che i tifosi del Varese sognavano da bambini quando Melosi era il nostro sgroppatore preferito. Ma fu venduto prima della promozione in C1 del Peo che festeggiò invece Ulisse Raza. Gregario brutto a vedersi ma un Gambadori ante litteram pronto a tutto. Come voi, come noi.