Una squadra nata come un passaparola (Scapini chiama Luoni, Luoni conosce Gazo, Gazo è amico di Pacifico e così via), è diventata una squadra di amici fatta con lo zampino di ognuno (anche tuo che stai leggendo, anche mio che sto scrivendo): il pubblico è così, la società è così, l’ambiente è così. Mia, tua, vostra, loro. Tutti si sentono Marrazzo, Marrazzo segna per tutti. La scena finale dei sei-settecento varesini che si uniscono ai giocatori e a Melosi nonostante le grate, con la squadra che si arrampica sempre più in alto, come se non ci fosse un punto irraggiungibile nel cielo. E quando se ne vanno a centrocampo, la gente non li fa scappare e li richiama ancora sulle grate, e poi ancora e ancora e ancora: quando fai l’amore, è troppo bello perché finisca. Stefano Ferrè, legnanese biancorosso, dice quello che pensano tutti: «Marrazzo si è completamente calato nel contesto, se un giorno tornerete in serie B (torneremo, Ste, torneremo assieme) lui sarà come Riganò che si legò alla Florentia Viola in C2 e arrivò fino in serie A. Del pubblico mi ha
colpito il numero di striscioni e poi adesso è un tutt’uno, perché c’erano vecchi, bambini, ultrà del calcio e del basket, donne. Sembra ogni volta una festa promozione. Sarà il profumo di aria nuova, e la certezza che stavolta tutti assieme, senza dividerci più, ci riprenderemo non solo quello che abbiamo perso, ma anche ciò che non abbiamo mai raggiunto. Alla fine di ogni partita torno a casa con un senso di appagamento che mi riempie». “Col sole e con la pioggia, in ogni stadio andiamo. E torneremo in B”: gli ultrà, fusi nel pubblico normale, formano un muro strabiliante e fanno da contorno all’uno-due di Melosi (non sbaglia un cambio: prima resiste, poi colpisce e affonda il colpo), ai 0 gol presi in 4 partite (10 quelli fatti: abbiamo i centrali e l’attaccante più forti che ci siano). Una cosa per finire: l’ammonizione a Marrazzo che esulta, senza togliersi neppure la maglia, arrampicandosi sulle grate verso i suoi tifosi, è l’ammonizione di chi odia il calcio. Quell’ammonizione ci riporta nel brutto pallone dei grandi, e invece noi siamo bambini terribili, anzi pestiferi, felici d’esserlo.