Novantacinque edizioni di Tre Valli Varesine non sono poche. La Tre Valli è una parte di noi, come un’amica che ogni anno ci viene a trovare, puntuale, non manca mai. Ed il tempo quasi si ferma, quando c’è lei non esiste nient’altro. E non ne abbiamo mai abbastanza. Il gran giorno è domani, e noi stiamo già fremendo. Uno spettacolo, quello della Tre Valli, a cui non rinunceremmo per nulla al mondo. Perché ha
sorriso a tantissimi campioni, ha ispirato generazioni di ciclisti e di giornalisti. È un appuntamento fisso che rende Varese migliore, più bella, più romantica. C’è chi alla Tre Valli ci è legato da quasi cinquant’anni, ed è Sergio Gianoli. Prima da ragazzino sulle spalle del papà che scendeva in strada ad ammirare i campioni, poi da giornalista ed infine da organizzatore. Senza mai perdere l’amore per questa corsa, e la passione viscerale per il ciclismo.
La ricordo perché ho una fotografia che mi ritrae, si parla della Tre Valli che partì da Cuvio. C’era Marino Basso, con la maglia di campione del mondo. Allora la Tre Valli era una prova di selezione per i campionati del mondo. Mio padre era un grande appassionato di ciclismo, e mi ha trasmesso questa passione, che negli anni non solo è rimasta, ma è aumentata.
Sono quasi cinquant’anni che la seguo, prima da appassionato a bordo strada e poi in altre vesti. Ci sono legato in maniera particolare anche perché in occasione di una Tre Valli ho scritto il mio primo articolo giornalistico. Era il 1989, avevo già smesso di correre. Ricordo il mio amico Velati che
scriveva per il giornale Luce, mi chiese di prendere il suo posto alla presentazione della Tre Valli a Villa Recalcati. Quello fu il mio primo articolo per un giornale, e mi lega ancora di più a questa corsa. E poi dal 2004 faccio parte del direttivo della Binda e mi occupo anche dell’organizzazione.
Fu bellissima quella vinta da Motta su Merckx, nel 1970. Fecero tutta la gara in fuga loro due. Ce li ho ancora davanti agli occhi nella punzonatura del giorno precedente. Peccato che questo rito della punzonatura non si ripeta più, era un bel momento di contatto tra i ciclisti e noi giovani appassionati. Mi viene in mente anche, in modo curioso, l’edizione che passò per la salita di Viconago, nelle zone di Ponte Tresa. È una salita con pendenze importanti, era una Tre Valli a dir poco durissima. E c’era Ivan Basso ai suoi primi anni di professionismo, in maglia Fassa Bortolo. Mi piace anche ricordare quella vinta da Saronni a Cadrezzate, ma anche quella che arrivò a Besozzo, proprio dietro casa. Nell’era moderna, non posso non citare le due vittorie consecutive di Garzelli. Non sono tanti i varesini ci sono riusciti.