Essere come Davide Castagna significa non mollare mai, mettendo in campo e nella vita il centodieci percento in ogni momento. Significa sacrificarsi per gli altri, aiutare e volere bene. Comporta l’essere decisi – e decisivi – ma anche disponibili e buoni. Perché “Il Toro di Civate” è questo: un uomo, prima che una grande punta, che trova la forza per se stesso e per gli altri nei valori e negli affetti.
Toro perché quando ero ad Olginate mi dissero che assomigliavo a Pasquale Luiso, detto “Il Toro di Sora”. Così quando andai al Lecco esultai facendo le corna e da quel momento iniziai ad essere chiamato così.
Sicuramente siamo partiti con altri obbiettivi, in primis con l’idea di arrivare in una posizione di classifica medio alta perché siamo una società ambiziosa. Invece ora, per tutta una serie di motivi, ci ritroviamo in una situazione diversa e complicata dalla quale però dovremo essere bravi ad uscire perché dobbiamo rimediare con la salvezza diretta agli errori che abbiamo commesso; anche perché il nostro valore è indiscutibile e centra poco con l’attuale posizione in classifica.
Non saprei. Certamente ha influito, però non la vedo come la causa principale; l’anno scorso, per fare un esempio, giocavo alla Fiorenzuola e nonostante avessimo una grandissima rosa con tanti giocatori esperti, abbiamo vissuto una stagione al di sotto delle aspettative.
Vi dico che vorrei dare di più. Sono partito bene, poi però mi sono fermato per due settimane a causa di un infortunio. Quando sono rientrato ho vissuto un periodo difficile: eravamo in crisi e io non riuscivo ad incidere. Ora invece stiamo attraversando un buon momento come collettivo e io mi sento molto meglio, anche grazie al nuovo modulo e agli ultimi due gol segnati. Adesso non voglio più fermarmi.
Lo dico chiaro e tondo: l’importante è essere decisivi e sentirsi considerati. A me preme questo.
Poi è ovvio che un giocatore punti a giocare sempre dall’inizio, ma questo dipende anche dalle scelte del mister. Noi dobbiamo preoccuparci di farci trovare pronti quando veniamo chiamati in causa.
“Garra” è la parola esatta, ce l’ho anche tatuata. Comunque si, sono così anche nella vita: energico, vitale, istintivo, ma soprattutto buono. Anche se da fuori posso non sembrare così, io mi emoziono spesso e mi affeziono molto alle persone, infatti sono legatissimo alla mia famiglia. A chi in particolare? A mia nipote Asia, la considero come una figlia.
Scienze motorie. Negli ultimi anni mi sono appassionato a queste tematiche e devo dire che mi stanno aiutando a crescere, a migliorare giorno dopo giorno. In più frequento un campus estivo nel quale sto a contatto con i bambini, cercando di portare loro la mia esperienza e qualche insegnamento che possa risultare prezioso un domani.
Giocando in Serie D non si può vivere di rendita grazie al calcio, quindi dovrò lavorare. Non so se sarà questa la mia via e quale ruolo potrò ricoprire, però mi piacerebbe come ambiente. Come mi piacerebbe aiutare i ragazzi che fanno sport nei loro percorsi di riabilitazione: io sono stato sfortunato se si parla di infortuni, quindi so cosa provano e quali sono le loro difficoltà perchè ho vissuto tutto sulla mia pelle.
Come ogni anno rispondo così: il maggior numero possibile, ma decisivi.