Quando il cardinale Bagnasco parla di un nuovo soggetto culturale e sociale per il futuro dell’Italia sembra intendere che la politica dovrà essere sollecitata da un Paese più partecipativo, non solo critico ma in grado di proporre. Credo che sia un monito importante e sottovalutato da chi ha letto nelle parole del capo dei vescovi solo una reprimenda a Berlusconi e il centrodestra. Bagnasco sembra voler chiamare a raccolta gli italiani e fa bene: siamo troppo disuniti.
Giovanni Vanetti
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Non ha voluto solo dire questo, il cardinale. Ha colto i malumori cattolici ben presenti alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid, al meeting ciellino di Rimini, al congresso eucaristico di Ancona.
Malumori verso la classe politica dirigente, cioè il governo. E verso le derive del malaffare che riguardano una parte della sinistra. La Chiesa si sta con evidenza preparando al dopo Berlusconi e dà la sensazione di auspicare non l’affermarsi d’una alternativa al centrodestra, ma una rifondazione del sistema. Nel quale i moderati continueranno ad avere un peso importante, anzi fondamentale. Addirittura decisivo, come sempre in Italia. La Chiesa – nonostante le smentite – intende partecipare a questa rifondazione, metterci del suo, possibilmente guidarla. Certo, non in prima, ma per interposta persona. Persona intesa come forza politica fortemente innervata dai cattolici, diciamo una sorta di Partito popolare europeo in declinazione tricolore. E del quale sia a capo una nuova generazione di politici perché quelli oggi sulla ribalta o sono impresentabili o danno la sensazione (magari sbagliata e tuttavia diffusa) d’esserlo. Il che, all’atto pratico, è la stessa cosa. Bisogna riconquistare la fiducia della gente – irritata fino al disgusto per gli squallori di caste, cricche e amici degli amici di caste e cricche – e per riuscirvi il cambiamento non può essere né di facciata né abborracciato né compromissorio. Dev’essere netto ed epocale. E la Chiesa s’intende meglio di chiunque altro delle svolte epocali.
Max Lodi
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