Furti di identità e frodi creditizie: Varese sesta provincia in Lombardia con 61 casi denunciati. La palma spetta a Milano, con 337 episodi segnalati; al secondo posto c’è Brescia, con 118 mentre è la provincia di Lodi a far segnare la crescita più evidente di questo tipo di reati, con un preoccupante più 41%. In Lombardia, infine, nei primi sei mesi del 2015 sono stati rilevati 890
casi: un dato che colloca la regione al terzo posto nella graduatoria nazionale capeggiata dalla Campania. Queste le principali evidenze contenute nell’Osservatorio Crif sui furti di identità e le frodi creditizie – giunto alla ventunesima edizione – che monitora in modo sistematico e strutturato il fenomeno facendo emergere una dimensione assolutamente preoccupante seppur non sempre associata a un’adeguata consapevolezza e a comportamenti di autotutela realmente efficaci.
Quello della frode creditizia con furto di identità è un reato insidioso: molto spesso le vittime impiegano settimane prima di capire di essere cadute in trappola. In sintesi funziona così: i malviventi (parliamo di persone con ottime conoscenze informatiche, veri e propri hacker, non di improvvisati) rubano l’identità dell’inconsapevole vittima. Come? Attraverso il phishing pescano in rete i dati personali, con tanto di coordinate bancarie, del malcapitato. Per raggiungere lo scopo i truffatori possono craccare siti di e-commerce, rubando i dati delle carte di credito di chi ci ha fatto regolarmente acquisti, oppure agiscono inviando e mail a strascico (nell’ordine delle migliaia) fingendosi istituti di credito, società finanziarie, enti pubblici e privati riconosciuti e accreditati presso il grande pubblico fingendo che si tratti di comunicazioni di servizio all’utenza e carpendo così, per la legge dei grandi numeri, i dati personali, fiscali e finanziari della vittima. A quel punto il gioco è fatto. Una volta in possesso dei dati i truffatori utilizzano queste credenziali per fare acquisti, accendere finanziamenti e, nei casi peggiori, persino dei mutui.
I 61 casi denunciati a Varese e provincia nei primi sei mesi del 2015 sono relativi, fortunatamente, a situazioni meno esose. Nel caso di Varese quasi il 90% delle frodi denunciate riguarda la clonazione di carte di credito, non dell’apertura di linee di credito bancarie, attraverso le quali i truffatori hanno acquistato, rispettando il trend nazionale, elettrodomestici e prodotti elettronici: gettonatissimi tablet, pc di ultima generazione e smartphone. Varese, però, si discosta dalle statistiche per quattro casi bizzarri: le carte di credito clonate a cittadini di Gavirate e Biandronno erano state utilizzate, nella zona di Roma, per finanziare giocate di poker online da centinaia di euro a puntata. In altre cinque occasioni le forze di polizia che hanno poi rintracciato gli utilizzatori delle carte di credito, hanno denunciato, a Torino, altrettanti cittadini stranieri che, attraverso carte di credito clonate ai danni di varesini, avevano eseguito ricariche telefoniche da duecento, trecento o quattrocento euro a spese della vittima. Nel 2013 un bustese di 51 anni si ritrovò invece a saldare le rate per l’acquisto di una Mini Minor che in realtà non aveva mai acquistato. A lui era stato intestato il finanziamento aperto dal truffatore. La vittima si è accorta di quanto stava accadendo un mese dopo quando si è ritrovato a dover pagare una rata da quasi 500 euro per saldare, con finanziamento di 24 mesi, il costo della vettura. I truffatori agiscono sempre rivolgendosi a realtà commerciali che hanno necessità di soddisfare immediatamente le esigenze del compratore agevolando forme di finanziamento ottenibili in tempi estremamente rapidi. Il truffatore ha così tutto il tempo necessario per “acquistare” e sparire con il bene lasciato da pagare ad altri. A cadere nella rete dei truffatori, infine, sono più gli uomini delle donne con percentuali di 60 contro 40, mentre la fascia di età maggiormente colpita è quella tra i 40 e i 50 anni, he acquista molto volentieri online, ad esempio, ma non appartenendo alla generazione dei nativi digitali non padroneggia il mezzo in modo tale da potersi tutelare.