VARESE – C’era una volta la grande Befana del cumenda , che il 6 gennaio riempiva il palazzetto coi bambini, figli dei suoi dipendenti, a cui arrivavano tanti doni.
Domani ci sarà la nostra Befana, quella della Provincia di Varese, fortemente voluta dal nostro editore per dare un segno di affetto ai piccoli pazienti ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale Del Ponte.
Oggi, a mezzogiorno, sono arrivati nella nostra redazione i protagonisti dell’iniziativa condotta in collaborazione con , a capo dell’associazione Varese in Maglia. La calza che i vigili del fuoco recapiteranno –utilizzando come di consueto l’autoscala – ai bambini del Del Ponte è stata riempita dalla Tigros di ed è stata assemblata dalle ragazze del centro di riabilitazione per i disturbi sull’alimentazione di Cuasso al Monte.
Le ospiti di Villa Miralago non sono potute essere presenti oggi in redazione con noi per la foto di rito e anche per questo abbiamo voluto dedicare questa anticipazione di Befana a un angelo che si prende cura di loro:, direttore della struttura. La nostra calza, oltre a essere un dono per i bambini ricoverati in pediatria, è stata utile anche alle pazienti di Villa Miralago.«Lavorare a maglia
– dice il dottor Mendolicchio – aiuta perché si costruisce qualcosa, in questo caso una calza da donare a dei bambini, e perché sferruzzando l’attenzione si sposta dai problemi che spesso occupano la testa dei nostri ospiti e cioè i rituali ossessivi legati al cibo e al peso. Fare qualcosa per gli altri ha poi un significato particolare perché produrre qualcosa di solidale è anche terapeutico».
Oggi a Villa Miralago ci sono cinquanta pazienti: «Il nostro – osserva Mendolicchio – è un centro d’eccellenza a livello nazionale che si occupa di disturbi alimentari: anoressia, bulimia e obesità grave. Se una volta il rapporto era di nove ragazze per ogni ragazzo affetto da questo tipo di patologie, adesso il numero dei maschi si sta alzando con un rapporto di nove femmine e quattro ragazzi. Il sessanta per cento dei pazienti arriva da fuori regione e l’età media di chi è nella nostra comunità è intorno ai 25 anni, anche se ospitiamo pure pazienti di 13 anni e di 50 anni».
Mendolicchio fa sapere che la prima causa di morte negli adolescenti è proprio l’anoressia: «È un disturbo mentale che si ripercuote sul fisico e mette a rischio la vita».
«Noi abbiamo due filoni di trattamento: il primo riguarda la riabilitazione nutrizionale e cioè tendiamo a riappacificare il rapporto tra le persone e il cibo, attraverso il mangiare insieme e mediante appositi percorsi nutrizionali».
«Il secondo è un cammino psicoterapeutico che indaga traumi del passato. Di solito chi è affetto da queste malattie tende a chiudersi in se stesso e a isolarsi dal mondo mentre da noi la comunità è un sistema di relazione e terapia al tempo stesso. Corpo e psiche si curano anche stando insieme agli altri».
Mendolicchio chiude il discorso dando dei consigli di prevenzione, rivolti soprattutto alle famiglie: «In questi anni il tema del cibo è molto presente su tutti i media e anche il culto del corpo e dell’immagine è un tema forte e presente».
«Le famiglie dovrebbero andare in controtendenza considerando il cibo come un alimento salutare che nutre e dovrebbero stare attente alle minime avvisaglie che notano nei loro figli. Delusioni, traumi per abbandoni o altre situazioni dolorose sono tutte circostanze che mettono a rischio gli adolescenti. L’attenzione nei loro confronti e la sensibilità nei confronti dei loro problemi sono le fondamenta per aiutarli».