Sperimentazione ma sempre in ossequio alla tradizione

Con Francesco Testa si entra subito in sintonia. I suoi occhi chiari spalancano ai clienti la Tana dell’Orso: il ristorante sembra uscire da uno di quei vecchi quadri che dipingono l’elegante campagna inglese e invece si affaccia, baciato dal sole, sul lago di Varese. Anche la sala è impeccabile e

lo chef la rende familiare lanciando attenti sguardi di intesa a chi si siede al tavolo. Ma il cuoco si trova a suo agio solo nella sua fucina: «La cucina per me è come una cella chiusa,

dove curare i dettagli che fanno la differenza e rendono unici i

piatti. Io non mi accontento mai e ritengo che ci sia sempre qualcosa da rivedere. Del resto, chiunque faccia questo mestiere non deve mai considerarsi arrivato, sarebbe un errore imperdonabile ». La cucina di cui ci parla lo chef rispecchia il nome del locale perché è una “tana” dove nessuno, tranne chi ci lavora, può entrare. Ma Francesco Testa non è un orso

e, anzi, come abbiamo detto, un professionista molto comunicativo che ha voluto aprire alla nostra rubrica “Cucinando” la sua officina del gusto. Un luogo in cui regnano

pulizia ed equilibrio, organizzazione e precisione, armonia e sincronia: così, nell’incantevole borgo di Mustonate, c’è un’orchestra di cuochi che sa incantare.

La parola al loro direttore.

Una decina di anni fa non c’era nulla, soltanto erba incolta e alberi. Credo che solo pochi varesini sapessero dove fosse Mustonate. Ho conosciuto Francesco Aletti Montano, discendente di una famosa

famiglia di banchieri, e ci siamo guardati negli occhi, spinti dalla voglia di fare qualcosa di grande. La nostra era una scommessa difficile da vincere ma insieme ce l’abbiamo fatta. La Tana dell’Orso è nata così e

non si stufa di andare alla continua ricerca della qualità ad ogni costo, ma anche alla riscoperta

della tradizione e dei gusti genuini di una volta. Il rispetto della tradizione è fondamentale. In cucina

non c’è più molto da inventare e per questo due miei concetti chiave coincidono con questi verbi: rivisitare e riadattare. Quello che conta in un piatto è soprattutto il suo aspetto nutrizionale. Oggi siamo abituati ad avere tutto e subito. Io penso invece che si debba tornare un po’ a desiderare le cose, perché la paziente attesa aiuta a gustarne appieno tutte le sfaccettature. La cucina è innanzitutto una questione di passione e di amore. Passione e amore, fatemi ripetere, per quello che si fa. Alla Tana dell’Orso noi produciamo tutto

all’interno del nostro ristorante, perché ci piace la cura minuziosa dei particolari, l’instancabile ricerca della perfezione e la continua sperimentazione. Sperimentazione sì ma anche ossequio alla tradizione: i nostri dolci e il nostro pane sono fatti in casa, rispettando i sapori di un tempo.

Vi chiederete come nascono i nostri menu. La cucina è un laboratorio, una cella chiusa in cui pensare alla costruzione dei piatti, insieme alla mia brigata. I miei collaboratori sono preziosissimi, a partire da Pasquale Cottino che è arrivato a Varese dalla Puglia negli anni Ottanta incominciando

la sua avventura nella ristorazione in Valganna. Alejandro Grajales è colombiano ma è un artista delle prelibatezze italiane: pensate che per mangiare il suo gnocco fritto c’è chi parte proprio dall’Emilia, patria di questa specialità. Non vanno dimenticati Davide Gatti e Lorenzo Muoio, che hanno studiato nelle scuole alberghiere della provincia e il loro aiuto è importante. I menu vengono cambiati con cadenza regolare e in carta non mancano mai prodotti rari: squisitezze come il pannerone di Lodi (formaggio tipico della tradizione contadina lombarda, ndr), o il carciofo di Sant’Erasmo, il coniglio grigio di Carmagnola e tanti

altri monumenti introvabili del panorama agricolo italiano. La Tana dell’Orso collabora da tre anni con “Slow Food” impegnandosi ad acquistare i prodotti dai contadini che non utilizzano conservanti o pesticidi e allevano gli animali in modo tradizionale. Anche noi stiamo puntando a creare un presidio “Slow Food” a tutela delle cosiddette biodiversità varesine ma su questo aspetto ci soffermeremo un’altra volta.

Insomma, sono uno che ama la cucina, la natura, le tradizioni e il mio mestiere. Sono lontani i tempi in cui, dopo essermi diplomato all’istituto de Filippo di Varese, mi occupavo di catering per gli eventi realizzati da grandi marchi come Armani e facevo la gavetta collaborando con grandi nomi della cucina italiana come Antonello Colonna, Gianfranco Vissani e Gualtiero Marchesi. Oggi alla Tana dell’Orso ho circa quaranta dipendenti, molti clienti famosi e, quando è venuto a Varese Giorgio Napolitano ho cucinato per lui (nelle prossime puntate, vi svelerò i segreti del menu presidenziale). Ora concludo ricordando le persone che mi

sono più care: la mia dolce metà Veronica, che ho conosciuto lavorando con lei ai tempi del catering, e i nostri tre tesori che si chiamano Giulia, Leonardo e Federico. Anche loro fanno grande la Tana dell’Orso.

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