Business mafioso ricetta anti crisi? I beni confiscati creano lavoro

I beni confiscati alle mafie costituiscono un tesoro che deve essere riconsegnato alla comunità perchè possa trarne valore. Sembrava tutto facile con l’approvazione della legge 109, che sancisce la restituzione del bene con finalità di interesse sociale ai cittadini, grazie alla campagna firme promossa da Libera. Nel varesotto numerose sono le esperienze andate a buon fine, ma in vari casi la strada è ancora lunga.

di Libera Varese è chiara: «Il primo problema è che possono passare diversi anni tra il procedimento di confisca e quello di assegnazione e il successivo via libera all’utilizzo».

I progetti di riutilizzo poi devono essere proposti da associazioni o fondazioni impegnati nel sociale, ma queste spesso non trovano i fondi per provvedere alle estinzioni delle ipoteche, oppure ai restauri.

«Così i beni restano dormienti, quando invece potrebbero restituire reddito alla cittadinanza. Per questo vorremmo un incontro con il prefetto e con il referente regionale».

Libera, che ha mappato statisticamente i 77 beni censiti nella Provincia di Varese, sottolinea l’importanza del circuito virtuoso che si innesca con la restituzione del bene alla comunità: una struttura mediamente può creare lavoro regolare per cinque persone, alcune di queste possono lavorare con un contratto a tempo indeterminato (un bel modello di legalità da opporre al malcostume) oltre ad arruolare una ventina di volontari.

Dice Buonopane: «Dalle nostre proiezioni regionali risulta che vengono attualmente erogate 560 ore di volontariato al mese per ciascuna delle cento strutture, che sono in grado di dare servizi a più di 17mila persone».

Numeri importanti, che potrebbero essere incrementati.

Fra i primi beni confiscati alla mafia brilla l’esperienza del Comune di Lonate Pozzolo, che ha cancellato il ricordo del clan che esercitava le sue attività in zona: oggetto di confisca, la bella villetta oggi restituita alla comunità sotto forma di asilo.

Il Comune di Castellanza ha accolto il progetto dell’associazione Auser/Filo d’Argento e, grazie a un contributo regionale, ha ristrutturato un appartamento in via Montello trasformandolo in un doppio sportello di volontari al servizio dei disabili (gestito da disabili) e degli anziani per consigli e assistenza sulle pratiche; il progetto ha consentito di realizzare una nuova sede moderna e funzionale, accessibile ai disabili, con un procedimento record: meno di due anni per il procedimento di assegnazione, da quando l’allora ministro dell’Interno consegnò le chiavi all’amministrazione comunale, alla effettiva partenza del progetto.

Punta alla socializzazione e alla solidarietà a malati gravi e loro famiglie il progetto accolto da Comune di Cassano: a due associazioni locali da tempo impegnate nel sostegno alle persone malate di Parkinson e Down è stato assegnato in comodato gratuito per cinque anni lo stabile di via Brunelleschi, che ospitava un ristorante-night confiscato a un clan camorristico.

Aspi e +di21 Onlus hanno avuto dalla Regione un finanziamento di centomila euro per dare non solo uno spazio di aggregazione ai malati ma anche laboratori e corsi, per promuovere l’acquisizione di una maggiore indipendenza.

Varese

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