<Lei non sa chi sono io>. Ma è un reato?

La Cassazione ha ritenuto che l’espressione verbale “lei non sa chi sono io, gliela farò pagare” possa alterare la stabilità psichica della persona cui è rivolta, e ha annullato la sentenza d’assoluzione di un cittadino finito sotto processo per aver pronunciato queste parole.
Resta il dubbio su quanto debba esser tenuto conto dell’intensità emotiva d’un momento in cui possono sfuggire alcune parole sbagliate, che non hanno il significato effettivo corrispondente a quello reale. Una sciocchezza può sfuggire a chiunque, ma resta una sciocchezza.

Giovanni Vanetti

Una grande sciocchezza, affidarsi al “lei non sa chi sono io”. Purtroppo frequente, e però non classificabile secondo statistica giudiziaria perché quanti sono quelli che si rivolgono a un giudice dopo essere stati apostrofati in tal modo? Quasi nessuno. Però il modo rimane sbagliato.
E’ un modo intrinseco all’antico costume nostrano, e neppure la dissacrazione fattane da Totò lo ha rimosso dal vocabolario popolare. Sicché, se ogni tanto arriva la bocciatura (con sanzione) d’espressioni cariche d’arroganza, e non prive di minacciosità, non è un male.
Il caso aiuta inoltre a riflettere sull’importanza della parola. Direi (esagerando?) sulla sua sacralità. La parola va usata con attenzione, e non a vanvera. Va ben oltre la valenza fonetica, come purtroppo sembra essere nella convinzione di molti.
Il moralista settecentesco Jean de la Bruyère nella famosa opera “Caratteri”, fatta segno di lettura e studio ben oltre il tempo in cui venne pubblicata, ricorda come spesso si parli un momento prima di pensare.
Bisognerebbe fare il contrario: pensare un momento, prima di parlare. Ma è sempre più difficile, specialmente nel tempo della parola globale. Si parla (si scrive, si digita, si comunica) senza alcun freno, in nome d’una malintesa libertà d’idee. Malintesa perché un conto sono le idee e un altro le fesserie, e perché qualunque libertà trova il limite nel rispetto di quella altrui. Nell’era di internet non va così.

Max Lodi

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