Chi ama il calcio non può che rammaricarsi del difficile momento che sta vivendo una grande società come i Rangers di Glasgow, lo storico club nato nel 1873 quando squadre che oggi vanno per la maggiore non esistevano ancora e con in bacheca la bellezza di 54 campionati vinti. Per non chiudere i battenti dovrà ricominciare daccapo, questo è
un brutto giorno per tutto lo sport e non solo per i suoi tifosi che sappiamo molto appassionati, oltre a quelli del Celtic a cui mancheranno gli appassionanti derby. Ripartire dal basso non è facile, ma un giorno speriamo che possano tornare a primeggiare perché la loro nobile storia non può e non deve finire così amaramente. Forza Rangers.
Enzo Bernasconi
Ripartire dal basso. Ne sappiamo qualcosa. Quanto ci costa. La riluttanza che avvertiamo nel proporci all’impresa. Naturalmente le difficoltà. Però anche quanto l’orgoglio spinga in quella direzione.
Parliamo per simbologia, naturalmente, e prendendo spunto da questa storia pallonara significativa. Quando si va giù, e dopo esserci accapigliati sulle responsabilità di chi ci ha fatto andar giù, di solito sappiamo tirarci su. Siamo gente che lo fa, più che per la fiducia nel suo Paese, per la fiducia in se stessa. Per il gusto di dimostrarsi una volta di più, e di dimostrarlo agli altri, che non c’è ostacolo che le resista, quando decide che non le debba resistere. Quanto all’esempio scozzese, ne dovremmo spesso tener conto, non solo a proposito di calcio (il calcio, peraltro, lassù è una trasposizione perfetta degl’ideali d’un popolo). Hanno saputo sacrificare ogni egoismo alla loro autonomia, allo spirito identitario, all’indipendenza. Ma per davvero, con i fatti e senza le chiacchiere.
Vorremmo che la devolution ottenuta da loro rappresentasse qualcosa di possibile anche per noi, nella trasformazione moderna d’uno Stato invecchiato e zoppicante. Ma loro hanno trovato lo spirito e gli uomini giusti per conquistarla, noi è inutile che li cerchiamo: non li troveremo mai.
Max Lodi
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