Busto, Farioli finisce il decalogo Con le sedi delle forze dell’ordine

BUSTO ARSIZIO Per la rubrica “Una domanda al giorno. Per dare veramente voce alla nostra amata Busto. Senza intermediazioni”, alle domande di Audio Porfidio (accorpate la numero 9 e 10) “Perché nella nuova sede del Commissariato della Polizia di Stato di via Ugo Foscolo, dopo una pomposa cerimonia di consegna delle chiavi in piena campagna elettorale, non si è ancora effettuato nemmeno un intervento di sistemazione?” e “Perché in sei anni di mandato non è stato fatto nulla di concreto per risolvere la situazione della Caserma dei Carabinieri di Busto Arsizio, favorendo il trasferimento nel nuovo edificio di via Bellini?”, il sindaco Gigi Farioli risponde:

Ci avviamo alla chiusura dell’impervio tour sulla scorta degli stimoli e  delle sollecitazioni dell’ex consigliere Porfidio, per occuparci, ancora una volta, di un tema a cui, come ben sa l’interrogante e ancor di più sanno molti lettori, l’Amministrazione in corso, nonché quella precedente, hanno cercato di dare priorità assoluta, sviluppando rapporti complessi con privati, ministeri, prefetti, questori, ed altri enti pubblici, non risparmiando tempo, fantasia e risorse.

E veniamo al dunque. Qual era lo stato dell’arte che si presentava nel giugno 2006? Per il commissariato di Polizia, ancor oggi ospitato in un’ala del palazzo municipale, una serie di brevi report in cassetti aperti o rigorosamente chiusi a chiave o addirittura impilati in un ufficio chiuso a chiave dei Molini Marzoli. Ricorrendo alla memoria del sottoscritto, del vice sindaco e di tutti gli uomini di buona volontà che

ci hanno voluto accompagnare, compresa l’Amministrazione provinciale di Varese, che già qualche anno prima aveva tentato, inutilmente, di aprire un dialogo con Busto, si arrivò a sottoscrivere una convenzione. Tale convenzione, per la verità, cercava di porre il tema della sicurezza e degli immobili destinati alle forze dell’ordine in un’ottica complessiva, cercando anche di far luce sul, anch’esso finito in cassetti rigorosamente chiusi a chiave, “mistero” caserma  di via Bellini.

Sul tema si è tornati più volte in Consiglio, ma approfittiamo dell’ultima tappa del tour per farne breve memoria ed alcuni chiarimenti.
Cominciamo dal “mistero”. Era sorta in un’area pubblica di via Bellini una “definita caserma dei Carabinieri”, sul presupposto di una disposizione ministeriale e prefettizia che consentisse la realizzazione di un edificio da parte di privati, ripagabile con congruo canone d’affitto a carico del ministero pari ad oltre 100 volte il canone allora pagato dallo Stato alla Provincia di Varese (proprietaria dell’attuale sede del comando Carabinieri). Non si meraviglino i lettori, era un modo per realizzare opere pubbliche che in altri tempi e in altri luoghi aveva consentito il raggiungimento dell’obiettivo. Ma qui l’opera fu iniziata, realizzata, e quasi ultimata dopo che il governo Amato aveva assunto provvedimenti tesi ad impedire che da quel momento in poi il ministero riconoscesse una lira in più (sì, avete letto bene, lira) rispetto a quanto pagato allora. Ecco perché, superando i silenzi istituzionali in cui era caduto il tutto, recuperando tutte le carte a disposizione e mettendo attorno a un tavolo l’allora prefetto e la Provincia, si tentò di venirne a capo. Pur essendo in quel momento agli occhi del sottoscritto l’edificio di via Bellini, qualora la comunicazione del prefetto Nardone (prefetto nel periodo del governo Amato) fosse stata confermata come volontà di non interesse alla costruzione, solo e soltanto un edificio privato, costruito da un privato con la speranza di diventare caserma.
Vani furono i tentativi di mettersi in contatto con l’allora governo Prodi, con il ministro all’interno Amato (sigh!) e col sottosegretario Minniti.

Diversa sorte ebbe invece, almeno all’inizio, il rapporto con il governo Berlusconi e il ministro Roberto Maroni. Si tentò, pur partendo dalle considerazioni di cui sopra, in un ginepraio di cavilli e minacciati contenziosi, di trovare una soluzione che consentisse, nella legittimità, e senza lesione degli interessi patrimoniali, non solo del privato, ma soprattutto del Comune di Busto Arsizio, di trovare una soluzione condivisa.

Da allora è stata riconfermata la volontà della Provincia e del Comune di collaborare, mettendo in gioco le proprie disponibilità al fine di migliorare la situazione in essere del comando Carabinieri e del commissariato di Polizia, stipulando anche un patto per la sicurezza del territorio in prefettura col ministro Maroni.

Ne derivarono sicuramente vantaggi per Busto e il territorio, ma, ahimè, nulla giunse fino al punto di consentire l’acquisizione in proprietà del bene al Comune o a Comune e  Provincia insieme. Nulla si riuscì infatti a sottoscrivere con il privato, né ad avere come garanzia di pagamento di canone dallo Stato centrale.

L’eccellente lavoro dei diversi soggetti, in primis il prefetto Vaccari, è stato ulteriormente vanificato dall’atteggiamento protervo della Firex, che, forse in questo convinta di avere alleati disponibili, provocò inutili clamori televisivi che portarono l’Amministrazione, ed in particolar modo gli enti pubblici coinvolti in sede locale, ed in particolare l’assessore all’urbanistica, a denuncia.

Oggi la situazione è paradossalmente ancor più delicata, in quanto informalmente siamo venuti a conoscenza del sopravvenuto disinteresse anche da parte dell’Arma dei Carabinieri di occupare quell’edificio. Abbiamo predisposto comunicazione ufficiale per il ministero e, nonostante le notizie di questi giorni e il decreto Monti che addirittura pone a zero ogni possibile contributo anche a titolo di canone per edifici di competenza statale ubicati sui diversi territori, continuiamo a voler inventare soluzioni disponibili a ogni forma di collaborazione. Ma non ovviamente ad andare contro l’interesse economico, patrimoniale e sociale dei nostri cittadini.

Per quanto concerne invece la Polizia di Stato, come molti sapranno, siamo riusciti, e in particolar modo efficace è stata la triangolazione tra il questore Cardona, l’Amministrazione di Busto con l’assessore Reguzzoni e il prefetto Vaccari, a cogliere l’opportunità del piano casa. Ciò ha consentito di poter fruire, acquisendolo al nostro patrimonio, dell’edificio già Enel di via Ugo Foscolo. Visto il buono stato dello stabile, l’esito dei sopralluoghi effettuati precedentemente all’accordo, la disponibilità dichiarata dall’allora proprietà, parve che si potesse immediatamente procedere al trasloco senza particolari interventi e con lavori in economia. Così non fu. La burocrazia, soprattutto statale, ci mise lo zampino. Ma il Comune di Busto, con l’aiuto della Provincia di Varese e la disponibilità delle autorità locali, non ha voluto demordere e nell’ultimo bilancio abbiamo recepito tutte le indicazioni tecniche impiantistiche, per il parcheggio e la sicurezza indicati via via dagli uffici ministeriali e della Polizia, e approvato il finanziamento della realizzazione dell’intera opera per un ammontare di un milione e mezzo di Euro. Agesp Servizi ha predisposto il progetto esecutivo che non più tardi di qualche giorno fa è stato visionato e verificato con il neo responsabile della sede di Busto, dottor Novati, e il 23 luglio verrà definitivamente deliberato dalla giunta. L’intervento, benché totalmente a carico degli enti locali e con il rischio di un riconoscimento di canone pari a zero, o pari, nella migliore delle ipotesi, all’affitto esistente per i locali del palazzo municipale, è considerato priorità. Il presidente Paola Reguzzoni ha già predisposto tutto quanto necessario per gli appalti, anche perché, con il trasferimento, potremo recuperare all’utilizzo un’intera ala del palazzo municipale, far rientrare uffici comunali oggi dislocati e in alcuni casi ospitati da privati con affitti non da Stato.

Ma non dimentichiamo soprattutto quanto dobbiamo agli uomini delle forze dell’ordine, Finanza,  Carabinieri e Polizia, che, al pari della polizia locale hanno diritto a una sede che ne consenta il lavoro in condizioni civili e ne valorizzino il massimo di professionalità e di capacità di servizio. Ricordiamo, tra l’altro, che il primo atto seguente la firme del patto per la sicurezza col governo Berlusconi e il ministro Maroni fu l’invio, pur in periodo già di crisi e ristrettezze finanziarie, di nuovi mezzi e persone proprio per la sede di Busto. Si era all’inizio del 2010 e quel decreto assegnava mezzi e  persone solo a due realtà: Busto Arsizio e Roma-Città del Vaticano. Che la benedizione del Papa ci assista in queste circostanze. Noi ce la metteremo tutta.

Chiudiamo con queste parole ben auguranti e di buon auspicio la cavalcata delle risposte da decalogo, inviamo saluti cordiali all’interrogante e a chi se ne è fatto latore. A lui, a loro, alla Città tutta auguro ogni bene ed auspico benedizione. Ho inteso rispondere ispirandomi a trasparenza e cortesia, ma anche, come hanno sottolineato molti, anche nelle riunioni di ufficio di presidenza, rischiando di fare ingiustizie, riconoscere privilegi, alterare gli esiti democratici. Per questo invito d’ora in poi chiunque voglia avere risposte dall’Amministrazione a rivolgersi direttamente alla rubrica, che continuerà, o di passare attraverso i legittimi rappresentanti del popolo eletti in Consiglio comunale.
Grazie e a risentirci 

m.lualdi

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