Cristina D’Avena, regina delle sigle dei cartoni animati, celebra 30 anni di carriera. Festeggia il ritorno in classifica e il successo dei live con i Gem Boy, il gruppo autore di dissacranti parodie musicali, in forza alla trasmissione Colorado. E sarebbe pronta anche a una sit-com come ai tempi di “Love me Licia”.
“30 e poi… Parte Prima”, il cofanetto con 70 sigle originali, è in classifica Fimi dall’uscita a novembre, come sta andando il progetto?
Benissimo.
È un orgoglio, soprattutto perché è un disco di sigle di cartoni che è entrato in classifica internazionale in mezzo a nomi come Ramazzotti o Nannini. Devo ringraziare chi mi ha permesso di arrivarci.
La prima parte non rimarrà isolata a lungo, vero?
È un progetto discografico diviso in tre parti con le sigle più significative degli anni ’80, ’90, 2000. Sono tantissime e fatica a scegliere. Alla seconda stiamo già lavorando e uscirà prestissimo.
Il disco contiene una sua versione de “L’anno che verrà”, un omaggio realizzato in onore di Lucio Dalla, perché ha scelto di inserire questo pezzo?
Oltre ad essere mio concittadino era una persona che conoscevo, un uomo e un artista umile e meraviglioso sempre pronto a fermarsi per strada, in centro a Bologna, per chiacchierare. Quando è scomparso mi è mancato molto. Mi sono sentita di esprimermi cantando suo pezzo e dedicandoglielo in maniera molto umile, in punta di piedi.
Come procede il tour con la band dei Gem Boy?
Sta andando alla grande. Siamo felicissimi perché ragazzi arrivano numerosi e si divertono tutti come matti, noi compresi. È stata esperienza un po’ anomala che si è rivelata vincente.
Ci è voluta molta ironia da parte sua per mettersi in gioco con chi le storpiava le canzoni e la prendeva in giro…
All’inizio quando ho ascoltato le loro canzoni ci sono rimasta molto male. In “Ammazza Cristina” dicevano di volermi tagliare le corde vocali e non era il massimo. Io, però, credo al destino. Ci siamo incontrati casualmente in autogrill, al rientro dai rispettivi spettacoli. Loro mi hanno riconosciuta e appena mi hanno visto hanno cominciato a urlare che mi amavano. Gli ho detto «Complimenti! Si vede come mi amate, avete scritto di tutto su di me».
Poi, invece è nata un’amicizia: galeotta fu un’altra D’Avena.
Clarissa, mia sorella, si occupava dell’ufficio stampa di Red Ronnie, e c’era il progetto di un concerto. Dall’idea di una loro partecipazione all’evento non ero molto convinta, ma lei mi ha spronata, così ho incontrato Carlo e abbiamo fatto una chiacchierata. Quel primo concerto è stato un enorme successo, un delirio. C’era persino gente appesa agli alberi per seguire l’esibizione, da lì è stata tutta in ascesa.
Quattro anni di successi, ma come scegliete la scaletta?
In realtà il nostro è un tour evento perché si ripercorrono diversi anni. A ogni nuova “stagione” togliamo aggiungiamo canzoni, ma non possono mancare cult come “Mila e Shiro”, “I Puffi”, “Occhi di gatto” o “È quasi magia Johnny”.
L’intervista completa sul giornale in edicola lunedì 4 febbraio
s.bartolini
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