I sette nani del Betti diventano giganti

Se la rotonda davanti allo stadio era sempre stata dedicata a Giovanni Borghi, il più illustre mecenate dello sport cittadino, da ieri si chiama “Forza Varese”. L’iniziativa vuole essere di buon auspicio in vista della gara di domani sera con il Cittadella e i biancorossi si stanno preparando all’appuntamento non solo in campo. Sempre ieri, infatti, una delegazione di giocatori, guidata da Stefano Bettinelli, era in un supermercato per incontrare un gruppo di ragazzi affetti dalla sindrome di Down, nella giornata dedicata alla sensibilizzazione su questo tipo di patologia.

Il tecnico ha poi diretto l’allenamento del sabato mattina ma la forte pioggia ha costretto il Varese a rientrare nello spogliatoio per visionare alcuni filmati di partite.

Bettinelli ha insistito sull’aspetto tattico con tutta la sua competenza ma come insegna la storia biancorossa le partite si vincono se nel cuore si hanno grandi motivazioni. Ci immaginiamo che l’allenatore, oltre a dare indicazioni tattiche, abbia voluto leggere ai giocatori un articolo a lui molto caro, apparso qualche mese fa sul periodico “Il nuovo calcio” e firmato da Don Alessio Albertini, collaboratore dell’ufficio sport della Conferenza Episcopale Italiana. Di che si tratta?

Per rispondere con Bettinelli «educare è narrare per mezzo di storie credibili. Soprattutto quella dell’allenatore e del dirigente». Sì perché, prima della partita con il Cittadella, davanti ai biancorossi sono apparsi sette nanetti, tutti con nome e numero stampato sulle spalle.

Il primo si chiamava Giocalo: «Il motivo principale di chi viene al campo è quello di divertirsi: che cosa c’è di più bello di poter giocare a pallone?». Sulle spalle di un altro nano che fa il difensore c’è un nome impegnativo e cioè Accoglilo: «Come diceva Don Bosco, non basta che amare i ragazzi, occorre che si sentano davvero amati. Un ragazzo deve sentire la vicinanza senza secondi fini, sentendosi accettato, custodito e apprezzato per quello che è. E questo offre già di per sé la motivazione più grande». In effetti Bettinelli ha salvato il Varese grazie a questa capacità di far sentire speciali dei giocatori che avevano il morale distrutto dopo sette sconfitte di fila (tra cui l’umiliante 1-5 di Cittadella). E se quest’anno tanti giovani hanno potuto esordire in B senza stonare ma al contrario facendosi molto onore, il merito è dell’allenatore che sa trasmettere valori veri.

Il nome del terzo nanetto è faticoso perché è Sudalo: «Lo sport insegna ad attendere, ad assumere consapevolezza di poter raccogliere domani ciò che si è seminato oggi e a riconoscere che, nei confronti del successo, il caso e la fatalità (o il “culo” come direbbe qualcuno) hanno un ruolo molto esiguo rispetto all’impegno alla fatica e alla passione».

A centrocampo c’è Condividilo: «Il calcio non si gioca mai da soli, anche se si è dei fuoriclasse. Il talento e la capacità vanno messi a disposizioni dei compagni e in questo modo si cresce insieme». Il numero cinque ce l’ha riempilo: «Una vita senza valori è una vita che non è capace di scegliere, che non sa per cosa battersi». In attacco Testimonialo: «I valori si passano da una vita all’altro per contagio». Infine ecco Liberalo: «Una buona tecnica di base rende tutti capaci di disputare la partita ma per vincere è necessario esaltare il proprio carattere, liberando estro, originalità e cuore». Ed è proprio quello che tenterà di fare il Varese con il Cittadella.

© riproduzione riservata