Made in Italy, o meglio Made in Varese, dal 1957: oltre mezzo secolo di maglieria d’autore. Dalla Città Giardino al mondo: ecco l’abbigliamento che ha stregato i giapponesi. La Vema srl è uno dei gioielli di Conafrtigianato Varese, nata dal genio di Agostino Vedani, oggi è diretta dal figlio Raffaele, dà lavoro a otto persone e la bella azienda con sede a Bizzozzero è una delle imprese delle meraviglie del nostro territorio. È una storia che,
questa, che parte da Varese e arriva direttamente a Tokyo. Come? «In realtà già in passato eravamo presenti in Giappone, ma poi l’avevamo perso perché lavoravamo con le trade company (intermediari commerciali ndr) che avevano costi troppo alti. Quattro anni fa ci sono ritornato, ho partecipato alla manifestazione We love moda in Italy e ai nostri clienti di un tempo non sembrava vero di avere lì il signor Vema in carne ed ossa e non un intermediario. La nostra è una vocazione all’export: abbiamo iniziato con alcune creazioni per la Bayer farmaceutica, poi abbiamo esportato molto in Germania fino all’unificazione e negli Usa. La svalutazione della lira ci aiutava molto e così ogni volta tornavo dai miei tre clienti di New York pieno di ordini. Negli ultimi anni siamo rientrati sul mercato europeo, in particolare Francia, Belgio e Svizzera. Prima del 2007 fatturavamo circa 2 milioni di euro e il mercato interno rappresentava il 50%, ora siamo scesi al 10% e il fatturato complessivo si è dimezzato», racconta Raffele Vedani . Oltre il Giappone c’è la Cina, anche se il mercato è difficile: «Vendere vestiti ai cinesi è come vendere frigoriferi agli eschimesi», dice Vedani anche se qualche ordine anche lì lo ha messo a segno. Il maglificio Vema è irresistibile. Anche se Rafffaele Vedani spiega: «Non è per niente facile, perché bisogna conoscere molto bene quella cultura. Ma partiamo dalla considerazione più importante: all’estero impazziscono per il made in Italy. Il vero problema per le imprese italiane è rappresentato dal sistema paese che non funziona e quindi noi andiamo sui mercati esteri tentando l’avventura, senza un vero supporto. La Germania, ad esempio, è presente in Cina da oltre 30 anni e il loro tessile lo fanno tutto lì. Gli imprenditori però non ci sono arrivati da soli ma erano accompagnati dai rappresentanti del loro governo. Non è un caso che sulla Grande Muraglia ci sia una targa dove si ringraziano i tedeschi e la Henkel per la partecipazione al restauro dell’opera più rappresentativa della Cina». Il marchio varesino va avanti senza paura. In un settore, quello del tessile, dove da anni si parla di crisi. «Nel tessile le crisi ci sono sempre state, erano un fatto ciclico, ma questa ha caratteristiche strutturali e globali inedite. Il danno maggiore lo ha subìto la filiera che si è sgretolata costringendo i piccoli produttori a ridurre ulteriormente i loro margini. Avere una filiera forte è importante perché ci sono lavorazioni che all’estero e soprattutto i cinesi non sanno proprio fare e quindi per noi diventano strategiche, parlo ad esempio del finissaggio e della stampa dei tessuti, dove gli italiani sono considerati dei maestri. Non è un caso che a noi i cinesi, oltre ai capi finiti, ci chiedano anche tessuti stampati per poter confezionare a loro volta», spiega Vedani che aggiunge come il segreto è quello di fare rete, di crescere insieme. E poi tiene a precisare cosa significhi essere un artigiano: «Creare un prodotto avendo cura dei minimi particolari e verificarlo personalmente in ogni passaggio, dal tessuto alla confezione. Se diventi un’industria questo processo di verifica esce dalla sfera di controllo dell’imprenditore». Il maglificio Vema resterà a lungo un punto di riferimento e un’eccellenza del Made in Italy. E se i cinesi arrivassero e volessero comprare? «È già successo nel 2007 – conclude Vedani – ho detto no».
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