«Siamo qui per cambiare il cuore»: sono le prime forti parole dell’omelia del cardinale che, ieri mattina, ha celebrato la messa in ricordo del beato Paolo VI al Sacro Monte di Varese. In un luogo tanto caro al predecessore, Scola ha invitato a cambiare il cuore e a comunicare l’amore di Cristo nel quotidiano. Lo ha fatto di fronte ai pellegrini che, recitando il Rosario, hanno percorso la Via Sacra fino Santa Maria del Monte, ai sacerdoti del decanato di Varese, a malati e volontari dell’Unitalsi di Varese, alle autorità civili, tra cui il presidente del Consiglio regionale .

Un momento della celebrazione tenutasi nella chiesa del Sacro Monte
(Foto by Varese Press)
Secondo l’arcivescovo – che per la celebrazione ha indossato la reliquia del beato, una casula che fu donata dal segretario monsignor al santuario – si è trattato di un’occasione privilegiata per attuare la continua conversione in un luogo di culto, la cui origine risalirebbe all’epoca di Sant’Ambrogio.
La salita, che si ripete, ogni sabato mattina, è un bel gesto che risale agli anni ’80 «ma sarebbe fine a se stesso, se non comprendessimo che siamo qui per cambiare» senza lasciarsi travolgere dal «ritmo vorticoso della vita, delle vicende affettive, lavorative, dell’educazione dei figli, dell’edificazione della società e della malattia, dimenticando fondamento e radice della fede». A suggerire la soluzione è proprio l’intuizione del beato Montini, che parla del “pensiero di Cristo”.
«Quello di cogliere la realtà quotidiana che sia riproposizione, per quanto limitata, dello sguardo con cui Gesù guardava uomini e cose. Lo stesso sguardo che Maria Vergine assunse fino in fondo, diventando così paradigma e modello costruttivo per la vita di ogni donna e uomo cristiani». Scola ha poi fatto riferimento a un altro pensiero di Paolo VI: “Noi saliamo a Maria per arrivare a Gesù”. «Questo incontro come dice Papa Francesco deve diventare cultura». Ma come può farlo? Accade «quando il rapporto con Dio, con gli altri e con se stessi è attraversato dall’amore», che però non deve essere mai scontato in famiglia, sul lavoro, soprattutto con i fratelli e le sorelle cristiani.

I fedeli presenti alla celebrazione
(Foto by Varese Press)
«Deve essere un approfondimento dell’amore di Gesù per noi e del nostro per lui. Attraverso la cultura dell’incontro, questo amore passerà nella vita quotidiana. E allora il cristiano, e soprattutto le famiglie, diventano soggetto di una vita bella, buona e vera, che si comunicherà attraverso le strade semplici e umili del quotidiano a tutti i nostri fratelli uomini che ne hanno un grandissimo bisogno».
Paolo VI ha richiamato con forza questo grande bisogno di testimonianza ecclesiale di comunicazione della verità. «La frattura tra fede e vita che è la malattia endemica del nostro tempo e anche, talvolta, delle nostre Comunità cristiane. Tante sono le iniziative, ma il rischio è che il giudizio non sia secondo lo Spirito e il pensiero di Cristo».
La mentalità con cui agiamo, pur mantenendo la fedeltà ai tanti gesti, deve essere nuova e non legata come spesso accade a quella dominante «caratterizzata dal politicamente e religiosamente corretto». Il pastore della Chiesa ambrosiana ha poi osservato che «stanno venendo i tempi in cui non saremmo lasciati tranquilli, se vorremo essere cristiani». Paolo VI scriveva “cercare l’uomo per cercare Dio”. «Paolo VI insiste in questa direzione sulla quale dobbiamo applicarci particolarmente oggi».

La visita del Cardinale Angelo Scola al santuario del Sacro Monte
(Foto by Varese Press)
E deve farlo anche una città come Varese « dalla grande importanza storica per la nostra Chiesa ambrosiana, che tanto ha dato, basti pensare a tante figure che l’hanno caratterizzata, alla ricchezza delle parrocchie dei suoi movimenti, associazioni ecclesiali, oratori e della creatività sociale. Questa città è chiamata a ripercorrere questa strada». Al termine della celebrazione l’arcivescovo ha concluso la sua visita recandosi nel convento delle monache romite ambrosiane, che hanno assistito alla messa nella cappella che, divisa da una grata, affaccia nel santuario, da dove hanno intonato il canto alla comunione.