Da un lato la qualità degli elementi naturali di cui è dotato il nostro Paese e che presiedono alla produzione del vino: acqua, aria, calore e terra della nostra Italia son fattori di tale qualità da far eccellere stupendamente il frutto uva, quindi il vino da questo prodotto; dall’altro lato il fatto che il vino è la punta di diamante dell’agricoltura, l’unico settore a fiscalità agevolata del nostro Paese…
No, e anzi ne guadagna. In più, è l’unico settore in cui il Pil è favolosamente sviluppabile lavorando sulla comunicazione, valorizzazione, protezione dell’originalità del marchio Made in Italy.
No, puro realismo quanto al fatto che il consumo pro capite di vino sia crollato. Dai 120 litri/anno del 1970 ai 32 di oggi. Crisi da reversibilizzare con una campagna di sostegno al misurato e consapevole consumo di vino durante i pasti sulla tavola di casa nostra di tutti i giorni. Il vino non è alcol, ma per il 97% acqua; ha un contenuto in alcol pari al 12-14% del suo volume.
Bere 2 bicchieri di vino durante ogni pasto non ubriaca, non fa superare il limite consentito per la guida, aiuta la digestione e migliora il nostro stato fisiologico e umorale. In pratica, aumenta la nostra redditività e connettività. L’industria del vino e dell’alimentare non è invece affatto in crisi, giacché è un industria fortemente connotata al naturale e all’artigianale, e sopratutto giacché è sempre misurata e valutata dagli esigentissimi sensi dei consumatori.
Si potrebbe rendere il produrre vino un controllato ma semplice piacere, ciò quando invece mi raccontano i produttori che tra burocrazia e controlli di infiniti e multivariati enti la loro attività è spesso costellata da interruzioni e vincoli originati da controlli talvolta anacronistici e contrari alla efficienza del processo.
Per quanto detto sopra l’attività di controllo e repressione è molto efficace e insistita. Bene quindi, ma le procedure di controllo devono essere unificate e semplificate. Mai reiterate da enti diversi in diversi e successivi momenti produttivi.
Sarà un continuo sorpasso e controsorpasso tra bianchi e rossi. Chi sta crescendo in modo sbalorditivo e ininterrotto sono invece gli spumanti. L’Italia presto sarà il più grande produttore al mondo di vini Spumanti. E non solo grazie all’irresistibile fragranza uvosa del Prosecco.
Grave per chi produce, molto, considerando anche il fatto che per portare in cascina il 20% in meno di uva, quest’anno, a causa del clima inclemente i nostri viticoltori hanno sopportato spese almeno doppie in trattamenti anti parassitari e antimuffe.
Si e no. Il vino è assai ben comunicato sui media settoriali. Non è invece affatto comunicato dai media generalisti, proprio quelli che potrebbero indurre nel pubblico interesse, passione, cultura. Fattori alla base di un consumo consapevole e misurato del vino.
Stiamo in Lombardia. Il miglior bianco è quest’anno il Valcalepio Bianco 2013 di Lorenzo Bonaldi – Cascina del Bosco. Un blend fra Pinot Bianco, Grigio e Chardonnay di grande suadenza e di mirabile pulizia enologica esecutiva. Il miglior rosso è il Corte di Cama Sforzato di Valtellina 2012 di Mamete Prevostini, un vino di maestosa potenza balsamica espressiva, con il Nebbiolo che raggiunge qui e non in Piemonte i suoi massimi picchi qualitativi. Il migliore spumante, da anni, è il Pinot Nero Extra Dry dell’azienda Vanzini dell’Oltrepò: un vero fuoriclasse in morbidezza e fragranza d’aroma.
Come sapete io sono originario di Varese, dato il mio cognome e la mia probabile lontana parentela con il governatore della Lombardia e caro amico Roberto Maroni, eppure non mi risulta esistente ad oggi una Doc o un Igt Varese.
Anzi penso che il Comune di Varese sia l’unico in Italia non dotato di una denominazione dedicata. Occorre quindi assolutamente “lavare l’onta” e/o rimediare alla lacuna, ancor più se come mi dici a fine Ottocento il varesino era così diffusamente vitato.
Enormi, insondati e insondabili. Non esistono in Italia vincoli oggettivi alla produzione di uve e vini di qualità eccellente. I vincoli sono solo l’inerzia e l’inazione dei soggetti. E io sono a completa disposizione per sviluppare la viticoltura e l’enologia del varesino. Con un mercato appassionato come la Svizzera così vicino…
Mio nonno paterno era di famiglia di Varese, e tutti mi dicono che da lui ho ereditato la tensione allo studio, alla creatività e alla produzione, la velocità nell’esecuzione e la metodologicità nell’approccio e nell’applicazione.
Il vino del contadino quando è buono, è buono e sano il giorno della svinatura e nei pochi successivi. Dopo inevitabilmente, ma inesorabilmente, diviene giorno dopo giorno meno buono e meno sano. Mi sono attirato tantissime critiche osservando che il meno qualitativo fra i vini industriali è più buono e più sano del miglior vino dei contadini. Ma come osservato prima, da dieci giorni dalla svinatura ciò è assolutamente vero.
C’è Humanitas nel vino! Ed è forse questa la più nascosta ma preziosa saggezza. Essere se stessi. Sentire il calore del vivere attivato dal vino e provare l’innato, umanissimo desiderio di condividere questa umanità propulsiva con qualcuno. Con i nostri cari, i nostri affetti, i nostri amori. Senza più provare ritegno o vergogna. Nel vino la veritas dell’humanitas.
Si, davvero diabolico e in particolare oggi che i vini maggiormente migliorati dei nostri produttori italiani sono proprio quelli più economici, quelli alla base della gamma. Per fruire la qualità che oggi si riscontra in un vino acquistato a cinque euro, nel 1988 quando incominciai questa professione era necessario spendere 50 euro.
Frase molto bella e dagli svariati piani di lettura. Chi conosce davvero il vino sa infatti quanto sia profondamente difficile produrne di eccezionale; chi apprezza profondamente il vino vive l’esperienza del suo consumo in modo anzitutto culturale, quindi sensoriale. E infine il vino apre all’umanità le porte degli antri più intimi, puri, veri e perciò più che segreti, desueti.
Bellissima ma non più attuale per la testa dell’uomo di oggi. Oggi va volta così: siamo tutti immortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino.
Sto in fissa, da anni, con questo che reputo uno fra i più stupendi brani musicali mai scritti: “Are You Going With Me?” di Pat Metheny /Upojenie.
Chi scrive non legge, purtroppo non ha tempo. Ascolto in compenso molta musica e mi nutro sensorialmente e intellettivamente degli stupendi documentari di Arte e Storia dei canali 400 di Sky. Due fra i più bei libri che ho mai letto sono comunque “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar e “ Confesso che ho vissuto” di Pablo Neruda.
Non aver compreso quale era, e non avere evitato di averlo fatto. Soprattutto se, questo, mal nel prossimo ha indotto o generato. Gli errori peggiori sono quelli da se stessi misconosciuti e perciò ancora nel futuro purtroppo reiterati.













