Sul biglietto da visita con cui il nuovo vicepresidente esecutivo Antonino Imborgia si è presentato al Varese c’è anche l’amicizia con uno dei più illustri allenatori della storia biancorossa: Eugenio Fascetti, artefice della squadra spettacolare che, dopo aver vinto un campionato di C1 ed essersi successivamente salvata dalla retrocessione, aveva sfiorato la A nel 1981-1982. Abbiamo incontrato l’allenatore di Viareggio che ha vissuto l’ultima esperienza in panchina ormai un decennio fa al Como, dove era stato chiamato per sostituire Loris Dominissini nel 2002-2003 proprio da Imborgia.
Non ve lo so dire e per ora ci tengo a fare gli auguri di buon Natale a tutta la piazza. Però permettetemi di farvi una promessa.
Quando arriverò a Varese vi porterò gli appunti con i test atletici di Stefano Bettinelli, che era un buon giocatore e faceva parte del nostro ottimo settore giovanile, insieme a talenti come Limido e Pellegrini. Ora è sulla panchina che ho tanto amato e deve tenere duro.
Certo, anch’io sono stato contestato nei momenti difficili. Questo succede sempre quando le cose non vanno per il meglio e a Bettinelli consiglio di tapparsi le orecchie e di andare avanti per la sua strada. Saranno i risultati a parlare per lui.
Credo che la squadra di Bettinelli possa fare sette punti: il Crotone fuori casa non mi sembra irresistibile, a Pescara il Varese in passato si è tolto qualche soddisfazione e anche l’impegno con la Ternana è abbordabile.
Certo, ce l’ho presente come se l’avessimo giocata ieri. All’inizio della stagione nessuno era pronto a scommettere qualcosa sul Varese. Neppure noi pensavamo di essere così forti. Poi, strada facendo, abbiamo tirato fuori quel bel calcio che era avanti rispetto agli altri.
Andate a rivedere Varese-Bari del 1982, partita vinta dai miei contro la squadra di Enrico Catuzzi, collega che sarebbe arrivato in biancorosso dopo la mia partenza nel 1983: lui praticava una zona da cui anche Sacchi avrebbe avuto molto da imparare.
Nel gruppo di allenatori con idee interessanti c’era pure Sonetti: eravamo giovani e non abbiamo avuto il c. – passatemi il termine – di questi moderni nati con la camicia che sono stati paracadutati senza esperienza nel grande calcio. All’epoca per andare in serie A dovevi vincere il campionato di B che era tremendo.
La nostra prima B era sta dura perché eravamo ingenui. Anch’io lo ero, essendo alle prime armi, ma già il Varese sapeva esprimersi bene, mettendo le basi per la stagione successiva in cui ci furono tarpate le ali e la promozione in A ci fu tolta ingiustamente. Quest’anno la B è più scarsa e la squadra di Bettinelli, anche ultimamente, se l’è sempre giocata con tutti. Non è più debole di altri e ce la può fare. La priorità riguarda l’assetto del club: con una società sana anche la squadra va bene.
È stato adottato dalla mia Viareggio, parlo spesso con lui e lo conosco fin da quando era calciatore. Come dirigente la grinta non gli manca.
Un ambiente interessante in cui Peo Maroso aveva seminato bene. Ho continuato il suo lavoro, ho incontrato Enrico Arcelli, preparatore atletico molto avanti rispetto agli altri, e potevo contare su un vivaio da sogno.