Quella mattina in cui il Natale perse il suo significato ce la ricordiamo, ce la ricorderemo per sempre. «Oh, è morto il Chicco». Eravamo ragazzi, ubriachi di vita e mai sfiorati dalla morte. La sua tragedia è stato uno spartiacque tra il prima e il dopo, perché noi non lo sapevamo che si può davvero morire a ventitré anni.Non c’è più stata una vigilia di Natale normale, senza un pensiero per lui: accompagnato dalla rabbia che aumentava perché sentivamo che tutti si stavano via via dimenticando di lui. Tutti tranne uno, e non è che ora lo diciamo per piaggeria: perché il Poz è sempre stato uno dei pochi
a tenersi nel cuore il “suo” Chicco. Ogni volta un ricordo, ogni volta la parola giusta, ogni volta il pensiero perfetto. «E come facevi a non volergli bene? Non ho mai conosciuto nessuno che mi abbia parlato male di Chicco. Lui conquistava tutti con il suo sorriso». Questa è una frase di Pozzecco, in un’intervista uscita qualche anno fa su questo giornale: tra le più belle che ci sia mai capitato di scrivere. E nel leggere quelle parole, in mezzo alla commozione, ci viene una richiesta da fare al presidente Coppa. Per la partita con Sassari, organizzate qualcosa: uno striscione, un applauso, un ricordo. Qualcosa. Se lo merita, Chicco.