«Il mio Marco rivive nei bambini che chiedono di lui»

L’intervista a Tonina Pantani, questa sera a Varese in occasione della presentazione del libro di Davide De Zan sull’indimenticabile Pirata

Marco Pantani disse che in salita andava forte per abbreviare l’agonia. Probabilmente troppo forte. Tanto da aver raggiunto la cima con gli occhi piantati sull’orizzonte, ed essersene andato via subito. Lasciandoci qui, noi nostalgici, a distanza di oltre dieci anni a parlare e a scrivere ancora di lui. Tutto ciò non è normale, non può essere. Perché d’altronde il Pirata non era un ciclista normale, uno nei ranghi. Ha lasciato per la strada gruppi di tifosi bardati di giallo, ha strappato via dal ciclismo tanti altri che senza di lui non lo guardano più. È passato, ha emozionato, ha tolto il respiro, come solo le grandi leggende sanno fare. Come Fausto Coppi, con cui

condivide una carriera travagliata ed una morte difficile da accettare ancora oggi. Stasera Davide De Zan sarà a Varese a presentare il suo libro “Pantani è tornato”, la penna di un giornalista che si inchina davanti alle imprese e alle peripezie di un amico ancor prima che un ciclista. In sala ci sarà anche Tonina Pantani, la madre di Marco, che in questi anni non è mai stata zitta. Perché va bene la leggenda e va bene il campione, ma Marco era suo figlio, e vederlo pedalare via così a 34 anni, senza un briciolo di verità, è terribile. E lei ha sempre lottato affinché questa verità venisse a galla. Stasera sarà tra noi.

Ci ero già venuta l’anno scorso a presentare il mio libro, che ho scritto insieme al giornalista della Gazzetta dello Sport Francesco Ceniti. Quindi ho pensato, perché non venirci anche quest’anno? Poi a convincermi ci hanno pensato due ragazzetti varesini, Guido Civelli e Martino Caliaro. Due che hanno il mio Marco nel cuore.

De Zan lo conosco bene, abbiamo sempre collaborato e parlato in questi anni difficili. Era un amico di Marco ed in questo libro lo dimostra. Come successo l’anno scorso con l’altro libro, questo è un modo ulteriore per cercare la verità e la dignità. Davide mi ha sempre dato una grossa mano, ancora di più con questo libro.

Esattamente, non saprei come fare se non ci fossero loro. Gente come Guido, Martino, e tanti altri che mi scrivono quotidianamente, che mi danno la forza di continuare, di battermi per la verità. E per venire fino a Varese, sarà Martino a passarmi a prendere fino a Cesenatico. L’amore che hanno queste persone nei confronti di Marco e della nostra famiglia è incredibile, anche a distanza di anni.

Senz’altro, anche se la strada è ancora lunga. Nelle ultime settimane si è mosso poco, ci sono molte difficoltà ed è inutile nasconderlo. Però ho fiducia nel procuratore, confido che faccia al meglio il suo lavoro. E poi vedremo. Certamente dei passi avanti sono stati fatti.

Certo, però vorrei mettere in chiaro una cosa: io non voglio trovare un colpevole a tutti i costi, non voglio essere fraintesa. Mi interessa che venga fuori la verità, aspetto che qualcuno dia delle risposte alle mie domande, ai miei dubbi. Sono anni che ci battiamo per questo, per conoscere la verità su Marco. E non ci fermeremo finché non ci verrà riconosciuta.

A dire il vero no, solo con qualche ex compagni di Marco alla Mercatone Uno, ma davvero poco. A darmi più soddisfazione sono i bambini, che ancora mi chiedono di lui, mi scrivono su Facebook che appena vinceranno un trofeo verranno a portarmelo. Però a loro raccomando sempre una cosa.

Prima l’impegno a scuola, poi il ciclismo. Spero mi ascoltino. Però sono contenta perché ho capito che il mio Marco ha lasciato un segno indelebile non solo nei suoi tifosi storici, ma anche in quei bambini che non l’hanno magari mai visto correre dal vivo. Ma questi ragazzini mi vengono a dire tutti contenti che si sono guardati la cassetta delle sue vittorie, e che vogliono vincere come lui. Mi riempie d’orgoglio.

Assolutamente. Io gli avevo donato la maglia gialla di Marco del 1998, e lui mi aveva promesso che mi avrebbe donato la sua se avesse vinto il Tour. Ha vinto, ed ha mantenuto la parola data. Ma non avevo dubbi. Abbiamo fatto tutto come piace a me, in privato, senza proclami. È venuto al museo con altri atleti, ci siamo parlati, è stato bello.

Contenta sì, per tutti gli appassionati italiani e anche per Vincenzo. Ma in realtà devo confessare che ho sempre fatto il tifo per Alberto Contador, mi piace, spero faccia una grande stagione.

Mi piace anche Basso. Bene, allora speriamo facciano una buona stagione tutti e due.

Eh si, ho un debole per i brutti e buoni, i dolcetti. Mi fanno letteralmente impazzire.