Da un paese del cosiddetto terzo mondo e corrotto fino al midollo, il Gambia, l’ennesima pesciata in faccia ai nostri cittadini. Per quattro millimetri in meno delle maglie della rete da pesca, arrestati due nostri pescatori, e dopo un brevissimo e sommario processo sbattuti in una lurida prigione di tipo medievale. Caso Marò, questo ultimo episodio, l’immigrazione incontrollata tutta (per i costi) sulle spalle dei contribuenti, le tasse, la burocrazia, nessun futuro, né certezze, corruzione, Parlamento con membri sotto inchiesta.
In altri paesi vi sarebbe subito una sommossa popolare, e la richiesta di dimissioni immediate a tutto l’esecutivo. Qui da noi? Va bene così!.
Roberto Mangoni
Nel resto del mondo, che spesso prendiamo ad esempio, spesso non va meglio che da noi. Talvolta peggio. Con un codicillo non proprio insignificante: crediamo che la democrazia sia una conquista diffusa, acquisita, praticata. Invece non è così: e allora la dovremmo apprezzare, invece di disprezzarla. Questo non significa rinunziare al diritto di critica che essa ci garantisce, ma farvi ricorso su questioni specifiche senza mai scordare l’orizzonte generale. Quanto alle sommosse popolari, abbiamo un mezzo per inscenarle: il voto. Non è vero che il paese non si possa cambiare, e ne è testimonianza il massiccio consenso andato due anni fa al Movimento 5 Stelle che incarnava gran parte della protesta anticasta, antiprivilegi, anticorruzione eccetera. Però l’uso di milioni di consensi non è risultato pari alle aspettative, e il rammarico è grande: forse non ci sarebbe bisogno d’invocare da oggi in poi un “tutti a casa!” se fino a ieri, oltre che al protestare, ci si fosse dedicati al fare.
Max Lodi