La direzione del Partito democratico ha approvato la relazione di Matteo Renzi che – come sintetizzato dal presidente Matteo Orfini – dà «l’indicazione ai gruppi parlamentari di considerare accettabile il punto di equilibrio raggiunto» sull’Italicum «e non modificarlo». Il voto è stato unanime, ma le minoranze del partito non hanno partecipato alla votazione.
L’arringa del premier
Prima della votazione il premier ha chiarito che non ci sarebbero stati «ritocchi» all’Italicum, e soprattutto non avrebbe accettato «ricatti» alla Camera da parte della minoranza dem. Renzi chiude a ogni possibile nuovo intervento sulla legge elettorale e ha chiesto alla direzione del Pd un voto che possa mettere la parola fine alla discussione. E così è stato. L’obiettivo è quello di arrivare «a maggio» con il nuovo sistema elettorale trasformato in legge. Che ci si arrivi ponendo la fiducia a Montecitorio «lo vedremo», ma intanto il premier e segretario del partito chiede «una fiducia politica» a tutto il Pd. Perché l’ok all’Italicum, avverte, «è uno strumento decisivo per l’azione del governo e per la legislatura», mentre uno stop «darebbe un colpo alla nostra credibilità», anche «a livello internazionale».
Legge senza alibi
Il premier difende nel merito la “sua” legge elettorale, ricordando tutte le modifiche già apportate e rivendicando i vantaggi di un sistema che con il ballottaggio «toglierà ogni alibi alla classe politica», visto che «chi vince governa». Non solo: la richiesta principale della minoranza – meno nominati e più eletti con le preferenze anche nei partiti minori – non ha ragion d’essere visto che «i partiti più piccoli ricorreranno alle candidature plurime» e l’effetto sarà che «almeno il 50 per cento degli eletti sarà scelto con le preferenze». Ma quello che a Renzi preme di più è l’aspetto politico: «Una parte minoritaria del partito fa un ricatto interno al partito», evocando il voto segreto alla Camera come fatto – dice il premier a scanso d’equivoci – da Alfredo D’Attorre. Ma rimandare la legge al Senato per la quarta lettura, dice Renzi, sarebbe «un clamoroso errore» e «un azzardo», considerando i numeri della maggioranza a palazzo Madama. Nulla da fare dunque, per la minoranza: «Chiudiamo la discussione sulla legge elettorale – taglia corto Renzi – ci sia un voto su un documento, il gruppo parlamentare della Camera si riunisca dopo Pasqua perché possa discutere di legge elettorale, ma entro il 27 aprile dobbiamo essere in Aula e a maggio dobbiamo mettere la parola fine a questa discussione».
I conti con l’opposizione
Regolati i conti interni al partito, Renzi si dedica agli avversari. Prima liquida Grillo, che «nel giro di un anno è passato da essere uno spauracchio a fare lo sciacallo», poi si rivolge a Matteo Salvini , segretario della Lega Nord, e a Maurizio Landini, segretario della Fiom: «Due fenomeni televisivi», «personaggi che sono soprammobili da talk-show». E in particolare sulla Coalizione sociale lanciata dal sindacalista Fiom dice: «Non la sottovaluto, ma non mi toglie il sonno. È un tentativo che sarà respinto dalla realtà», perché parla a un mondo che «è sempre stato minoritario» e che è animato da puro «velleitarismo».n