– Il cinema che pensa il futuro. E consegna agli spettatori un messaggio distopico e allarmante, ma proprio per questo prezioso: così “L’altro Adamo”, l’ultimo film di che è stato presentato ieri al Baff.
La storia, ambientata in un futuro in cui la computerizzazione ha ormai invaso ogni ambito della vita umana, racconta la dolorosa dicotomia tra vita vera e vita virtuale: paradossalmente Adamo, il protagonista, potrà vivere sentimenti, valori e ideali autentici solo in una sorta di doppia esistenza creata dal computer.
Fantascienza? Niente affatto secondo il regista, oggi 82enne: «È fantascienza dire che l’intelligenza artificiale nei prossimi trent’anni investirà ogni aspetto della nostra vita? È fantascienza riflettere sul problema del linguaggio, chiedendosi a quale linguaggio abbiamo abdicato per privilegiare quello informatico?».
Quesiti non da poco che Squitieri ieri ha voluto rivolgere in particolar modo agli studenti dell’Icma: «Guardate questo film ragazzi – ha detto – È un film fatto da un vecchio che rifiuta di essere tale,
e che per la prima volta a 82 anni ha voluto guardare in faccia la verità. Forse vi metterò un po’ di paura, ma voglio invitarvi a guardare al futuro con molta serietà. Intorno a me vedo migliaia di vite sprecate, ma è proprio a sedici, diciotto, vent’anni che bisogna scegliere che cazzo si vuole fare della propria vita. O non chiederselo, e lasciarsi andare».
Il futuro apocalittico prospettato dalla pellicola di Squitieri ha chiuso una giornata in cui molto si è riflettuto sul passato della settima arte e sull’età dell’oro del cinema nostrano, che il grande pubblico ha potuto conoscere anche grazie ai giornalisti.
Nel pomeriggio allo Spazio Festival , presidente del sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici, ha consegnato il premio intitolato a , pioniere della comunicazione cinematografica e televisiva, ad , giornalista e documentarista che proprio a Bersani aveva dedicato il bel ritratto “L’uomo col microfono”.
E ancora di giornalismo si è parlato con l’omaggio a , definito senza mezzi termini «eroe della carta stampata». Il critico, che della settima arte è stato tanto raffinato conoscitore quanto instancabile divulgatore, è stato ricordato da , che l’aveva voluto nel cast di “Ladri di saponette”: «Il suo non fu un semplice cameo – ha spiegato il regista – ma neanche un vero e proprio ruolo: volevo che interpretasse se stesso intento a fare il suo lavoro, senza farlo recitare né parodizzarlo. Lui è stato perfetto».
Correva l’anno 1988, e si iniziava a intravedere il fenomeno della contaminazione tra i linguaggi: «Oggi è difficile distinguere tra cinema, fiction, pubblicità e videoclip – ha concluso Nichetti – Viviamo in una specie di marmellata audiovisiva di cui in quegli anni si intuivano le premesse».