«Vergognatevi, i lavoratori si pagano» Protesta allo stadio contro la dirigenza

Manifesti carichi di indignazione sulla bacheca vicino agli spogliatoi: continua la rivolta della gente. Al momento non c’è possibilità di rientrare in Lega Pro. Un miracolo (ma di chi, e come?) o è finita

Oggi la Covisoc dichiarerà il Varese non iscritto alla Lega Pro: partiranno i quattro giorni di tempo per mettersi in regola coi versamenti (fidejussione da 400mila euro, pagamenti da 800mila) e vincere il ricorso da presentare martedì 14 luglio.Ma probabilmente si tratta solo di passaggi teorici, perché allo stato attuale appare lontanissima la possibilità che il club biancorosso onori le pendenze e salvi il titolo sportivo.

Secondo indiscrezioni, mancherebbe ancora il grosso dei soldi necessari. E non si sa se e fino a che punto le evanescenti cordate romane paventate nelle scorse ore siano davvero in trattativa. Diciamo noi quello che nessuno degli interessati ha il coraggio di ammettere, un po’ col magone e un po’ con sollievo: quattro parole chiare e semplici, il Varese sta morendo, o forse è già morto.

Ieri nuovo capitolo del già profondo distacco tra la dirigenza (?) e l’ambiente. Allo stadio, sulla bacheca delle giovanili nei pressi degli spogliatoi, sono comparsi dei manifesti che riassumono lo stato d’animo di chi, a causa di questa situazione, sta soffrendo due volte: come amante del Varese e come lavoratore del Varese. Non è difficile, infatti, risalire ai collaboratori non pagati nel cercare la matrice della clamorosa protesta.
Lo slogan è lo stesso che il nostro giornale da tempo ha lanciato: «Lasciateci morire in pace». Un mantra per resistere alle lacrime, un sussulto di dignità dove troppi sembrano perderla, una supplica che viene dal cuore lacerato dagli eventi.
L’altro messaggio forte è rivolto agli avvoltoi che, come da copione, s’aggirano da tempo sulla carcassa biancorossa: «No a personaggi senza scrupoli». Altro messaggio che i veri innamorati del Varese, privatamente e pubblicamente, a voce e sul web, hanno gridato senza sosta nelle ultime settimane, più traumatiche della retrocessione.
Cosa può succedere ora? Caso A: Trainito trova la pecunia e dribbla il baratro (per ora). Caso B: il Varese alza bandiera bianca.

Ma se sarà caso B, meglio che si sappia subito: altrimenti non ci sarà il tempo tecnico necessario per costituire un nuovo club che riparta dalla D sotto l’egida del sindaco.Comunque vada, restano tot persone che in questi anni hanno dato tutto al Varese senza ricevere in cambio la giusta contropartita. Sono fornitori, collaboratori, dipendenti: gente che non ha mai fatto mancare la sua opera, anche di fronte a trattamenti

ingiusti.In quei manifesti, lasciatecelo dire, c’è ciascuno di noi: anche chi non vanta crediti monetari ha enormi crediti morali verso chi ha affossato la società.Chiudiamo col Varese che vorremmo, e che al momento non c’è. Prendiamo a prestito – anzi, condividiamo: così si dice nel linguaggio dei social network – il decalogo scritto ieri su Facebook da Marco Tomasetto, fedelissimo biancorosso che assiste come noi al funerale della squadra del cuore.

«A prescindere da chi lo guida e dalla categoria, questo è il Varese che vorrei:

-Un Varese che non abbia punti di penalizzazione in classifica e che ad ogni scadenza non mi faccia toccare ferro per la paura di decurtazioni.

-Un Varese che si iscriva tranquillamente al campionato di competenza, senza assilli. Dovrebbe essere una cosa scontata…

-Un Varese che va alle cronache unicamente per il risultato delle sue partite.

-Un Varese che non cambia ogni cinque minuti il presidente e/o dirigenti. E se lo fa ne spiega chiaramente i motivi.

-Un Varese con progetti semplici (anche umili) ma concreti e realizzabili e che tali progetti vengano messi in pratica con puntualità.

-Un Varese che sappia farsi amare dalla propria città e che torni ad essere un simbolo di tutto il Varesotto.

-Un Varese che ci faccia parlare solo di calcio giocato.

-Un Varese che riesca ad unire la tifoseria e non a dividerla.

-Un Varese che torni a renderci orgogliosi di questo club.

In pratica chiedo la normalità, nulla di più.

Forza vecchia fede biancorossa, con te fino alla fine ovunque, sempre».