Maglia gialla tabù? «Non scherziamo…È “solo” il Tour»

Silvano Contini e le numerose cadute dei big: «L’incidente fa parte della corsa, nessuna iattura. Che orgoglio vedere un africano in maglia a pois»

In questo Tour de France, in molti se ne saranno accorti, sembra che una nuvoletta nera veleggi sopra colui che veste la maglia gialla. Prima Cancellara e poi Tony Martin si sono visti costretti a lasciare la corsa per delle cadute, proprio mentre vestivano la gloriosa maillot jaune. E la memoria ciclistica degli appassionati è tornata a sfogliare i suoi libri di storia alla ricerca di

chi abbandonò la Grand Boucle. Tanti ricordi, dal francese Pellissier nel 1927 a Fiorenzo Magni nel 1950 fino a Rolf Sorensen nel 1991. Una storia che romanticamente ci ha colpito è però quella di Pascal Simon, che nel 1983, mentre vestiva la maglia gialla, cadde e si ruppe la scapola sinistra. Si ritirò subito? Macchè, decise di continuare per altri sei giorni, prima di arrendersi definitivamente.

A raccontarci quella storia ci pensa Silvano Contini, che non era in gruppo nel 1983 (corse il Tour nel 1986 e 1987), ma che si ricorda bene quanto successe: «Ho in mente Pascal Simon, e anche quel Tour del 1983. C’è da considerare una cosa, per i francesi la maglia gialla è qualcosa di importantissimo, hanno un attaccamento indescrivibile e per un corridore francese indossarla è un sogno. Piuttosto che ritirarsi in maglia gialla, morirebbero in bicicletta, e Pascal Simon fu un esempio lampante di questo loro attaccamento, anche a costo di sfiorare l’assurdo, perché una scapola rotta non è certo uno scherzo».
Paradossalmente, dopo la caduta ed il ritiro conseguente di giovedì di Tony Martin, Chris Froome ieri ha deciso di non indossare la maglia gialla. Dichiaratamente per rispetto dell’avversario, ma probabilmente il keniano bianco è anche un po’ scaramantico: «Ecco, per me questa è una cavolata – commenta secco Contini – non significa nulla. Voglio dire, va bene il rispetto per l’avversario, ma è pur sempre la maglia gialla. E queste cose capitano da una vita nel ciclismo, c’è chi ha vinto approfittando delle cadute dei diretti avversari, fa parte di questo sport. Peggio per Froome, che si è perso un giorno in maglia gialla. Un francese non l’avrebbe mai fatto, ma non per mancanza di rispetto, al contrario proprio per rispetto della maglia gialla».
Maglia gialla a parte, solo per un secondo, giovedì il Tour ha accolto con un gran sorriso il primo africano in maglia a pois della sua storia, l’eritreo Daniel Teklehaimanot, simbolo di un ciclismo che cambia e si allarga sempre più: «E finalmente, direi. Mi ha fatto piacere vedere un ciclista di colore in maglia a pois, è un segnale che il ciclismo sta prendendo piede anche in Africa e non posso che esserne contento, perché è giusto che sia così. Spero di vedere presto un campione che arrivi dall’Africa».

Teklehaimanot è cresciuto al Centro Mondiale del Ciclismo, che sarà presente con una delegazione alla Coppa delle Nazioni in provincia di Varese il prossimo 26 luglio. Contini, assieme al ct Davide Cassani, qualche settimana fa ha presentato l’evento: «È stato bravo l’organizzatore Minervino a portare di nuovo qui da noi la Coppa delle Nazioni, che è un evento di grandissimo spessore e sono sicuro che chi sarà sulle strade varesine si divertirà». Riapriamo la parentesi Tour de France, e Contini ci dice la sua sulla bella lotta di quest’anno: «A differenza di molti altri, credo che Nibali sia messo bene, a parte il nervosismo, perché ha fatto una grande crono all’inizio. Penso che se la giocherà con Contador, mentre Froome e Quintana non li vedo al loro livello. La prima settimana è stata dura, il Tour all’inizio è sempre stato così. Si va a mille all’ora per stare davanti, ci sono tante cadute, se poi ad essere coinvolti ci sono i big, fa ancora più notizia»