Fissare l’eternità in un attimo. La vita in uno scatto. Scolpire la realtà. Cruda, dura, pura. Senza martello e scalpello, ma con solo due gambe, un occhio, e un dito. Un click per poter cesellare l’istante in una follia visionaria che lo congela per sempre. Che lo rende immortale tra i mortali. La fotografia è questo; la fotografia è verità.
E come un in un film, in cui la verità si ripete ventiquattro volte al secondo, oggi vi raccontiamo i primi fotogrammi di questo Varese, visti da dietro l’otturatore, da dietro l’obiettivo di Ezio Macchi.
L’occhio di una passione che non sa morire mai. L’occhio di una fede incrollabile, che nasce dal nulla di una roccia soffocata nel filo spinato, arrivata a volare fin quasi a toccare con un dito il paradiso, e poi ricaduta nel nulla più profondo e cupo, come un angelo da un’ala sola che non sa più tenere il volo. Fino alla rinascita. Fino al miracolo fatto dai suoi tifosi. Fino al Varese Calcio. Fino ad oggi.
Insomma, una storia, quella di Ezio che ha raccontato, e continua a raccontare tutt’ora, l’amore per questa maglia: «Cupido mi ha colpito al cuore fin dalla prima volta che ho messo piede al Franco Ossola. L’ho fatto grazie a mio zio, Carlo Macchi. Lui, era un fioraio di Gazzada, sponsor del Varese di Borghi e Fascetti. In quegli anni, si usava dare prima di ogni partita i fiori agli avversari; e quei fiori, erano i suoi. Così è iniziato tutto. Poi, ci tengo a dirlo, ho fatto parte dei Giovani Biancorossi Gazzada. Ho vissuto la Curva Nord: noi ci mettevamo sempre sulla sinistra, mentre a destra c’erano i Boys». Anni indimenticabili quelli. Anni, che hanno un fil rouge che li collega fino ad oggi: la passione sfrenata. «Nella vita sono devoto a due cose: il Varese e la fotografia. Io li ho solo messi assieme, il resto è venuto da sé».
Naturale. Come è stata naturale la rinascita dei biancorossi quest’estate. Ezio, era sempre lì, con la sua macchinetta in mano nonostante tutto. Nonostante i suoi problemi di salute, è tornato a scattare le sue foto. E ora, segue la squadra da vicino, anzi da vicinissimo: «L’anno scorso c’era la Serie B, quest’anno l’Eccellenza. Sono cambiati i volti di dirigenti e giocatori. Ma i colori rimangono quelli. Vedo tanta voglia di fare: Enzo Rosa, è un po’ l’emblema di questa voglia. Lui non molla un centimetro perché il suo cuore batte solo per il Varese. Poi c’è Piero Galparoli, che è uno verace, uno che dice la sua, e che sta lavorando come un matto per il bene della società. Insomma, Galparoli, è la prova – assieme al sindaco Attilio Fontana – di come la politica si sia mossa per non far finire un sogno».
Ma Ezio non si ferma qui: «Mi ha colpito molto il presidente Ciavarrella. Non lo conoscevo prima, ma lui conosceva me. È un presidente tifoso, che seguiva il Varese anche attraverso le mie foto. Quando ci siamo incontrati mi ha detto che l’anima di questa squadra passa attraverso un obiettivo. Ciavarrella è un uomo dalle parole giuste. È uno che riesce a trasmettere grinta e coraggio quando servono».
Già, grinta e coraggio: parole incise nella pietra. Incise nelle fondamenta di questo nuovo Varese. Indelebili, incancellabili, perché mappate geneticamente nel suo DNA. «Giorgio Scapini è un mastino col cellulare sempre in mano. A lui va il merito di aver creato questa squadra a sua immagine e somiglianza. Iniziando da Melosi, un guerriero. L’uomo giusto per poter allenare una squadra che non è un’accozzaglia inerme, inutile, informe di nomi altisonanti, ma è un battaglione di soldati».
Giuliano Melosi, visto dall’obiettivo di Ezio Macchi è «Un uomo che ha due grandi doti: grinta e modestia. Doti fondamentali per chi si siede su quella panchina, perché chiunque sia stato lì e abbia fatto il maestro appena arrivato, è fallito subito. Di maestro ce n’è uno solo: Beppe Sannino, ma anche lui, lo è diventato col tempo. Tra i due vedo più di un’affinità. Ma ora, torniamo alla realtà, alla certezza: Melosi ha dalla sua tanta esperienza in questi gironi infernali chiamati Eccellenza, questo mi lascia tranquillo».
Anche perché allena una squadra che, in sole due amichevoli, ha fatto vedere tante belle cose: «Merito del gruppo. Merito di una squadra calibrata fin nel minimo dettaglio da Scapini e Melosi. E’ vero, sono assieme da poco, ma vedo enormi potenzialità di crescita. Insomma, ci sono tantissimi giovani che possono solo migliorare, e poi finora sono mancati Marrazzo e Giovio, due che spaccano le partite quando vogliono». Tra i giocatori, conclude Ezio, «Si sta creando un clima affiatato: quelli che mi hanno colpito di più? Zazzi e Lercara».