Il ritorno di Mangia: «Questa è una casa. Anzi, molto di più»

Il mister dell’ultima Eccellenza biancorossa incontra la squadra e gli amici al Franco Ossola: «L’orgoglio di vincere qui? Neanche in Nazionale

«Guarda che bell’aria fresca che si respira al Franco Ossola» dice appena entrato in quella che fu la sua casa. Lo dice al direttore sportivo con un sorriso stampato in faccia; un sorriso di chi ritrova un vecchio amore ormai dato per perso. «Negli ultimi due anni, nell’ambiente, il Varese si era fatto una brutta nomea: vuoi perché si erano persi alcuni valori, vuoi per certe dichiarazioni fatte dall’ex presidente Cassarà. Quelle battute facevano ridere solo chi non ama questi colori, per

me, sentirle, è stato dolore e rabbia».Ora è tutto cambiato, ora il Varese è tornato a quello che aveva scordato di essere. Devis lo dice senza mezzi termini al nuovo presidente : «Al Varese senza certi valori, che conosciamo tutti, non arrivi da nessuna parte. Questo vale fuori e dentro il campo, sia chiaro. Se vengono persi, allora, è meglio spazzare via tutto. E ricominciare. Ricominciare dal basso, dall’Eccellenza, come ricominciò il Varese di Sogliano undici anni fa. Questa era l’unica scelta possibile da fare».

Allo stadio ieri c’era un clima speciale. Un clima per cui tutto sembra possibile. In cui tutto, anche i sogni, sembrano più vicini. Che quasi basta allungare la mano per afferrarli. «Oggi – continua Mangia mentre parla al general manager e al direttore dell’area tecnica – quel sogno che si chiama Serie B è più vicino. Undici anni fa, quando ricominciò tutto, nessuno pensava di arrivare fino lì: sembrava impossibile, una fantasia malsana. Se qualcuno lo avesse detto lo avrebbero preso per pazzo, sicuro. Oggi no.».
Poi, quando qualcuno ha l’idea di portare Mangia a visitare la nuova sede della società biancorossa, sui gradini davanti l’ingresso di quella che fu la vecchia casa del custode, l’ex tecnico della nazionale Under 21 si ferma e ricordare proprio la magia che c’era nel Varese che affrontò l’Eccellenza del 2004: «Qui, o al bar dello stadio, si trovavano i ragazzi di quella squadra, a giocare a ping pong o a fare i cori. Ricordo che una notte, prima della partita a San Donato, attorno all’una, c’erano qui Mazzotta e Troiano a giocare a carte. Quando, dalla neve, spuntano due fari che passano il cancello dello stadio e si fermano nel piazzale: erano Capuzzo e Sean Sogliano. Li hanno beccati subito: “Correte a letto: se domani non vincete sono guai” gli ha gridato dietro Sean. Vedete, è proprio questa la magia di cui parlavo prima: in queste categorie, il solo talento dei giocatori non può bastare».

Poi, c’è anche spazio per riabbracciare un vecchio amico: «Frontini, sono io, cosa fai non mi saluti?» chiede Mangia. «Con quella barba mica ti riconoscevo» gli risponde l’altro. «Eh, sono cambiato, ma anche tu: undici anni fa eri più giovane» dice ridendo il mister.
La visita al Franco Ossola di Mangia non poteva che finire in campo, a seguire tutto l’allenamento della squadra. Il suo arrivo ha un non so che di speciale: l’abbraccio con il suo pupillo Giovio, che fece esordire proprio lui (a Cuneo in C2 in Coppa Italia e poi se lo portò pure nella primavera del Palermo), dice tutto.
Come dicono tutto le sue parole dette alla squadra dopo l’incontro con . Parole, che arrivano proprio alla vigilia della prima gara che conta di quest’anno per il Varese. Parole, che danno la carica prima della sfida casalinga di Coppa Italia Eccellenza contro il Tradate: «Ho girato tanti posti, pure la Nazionale. Ma ragazzi, la soddisfazione di vincere a Varese, in altre piazze non ce l’hai, credetemi. Voi siete chiamati ad una grande sfida, una sfida che potrete affrontare solamente creando la sintonia con l’ambiente».
«Guardate quella tribuna – dice poi il mister, indicandola col dito – i mille che c’erano l’altro giorno a guardarvi sono il cuore di questa squadra. È grazie a loro, e al vostro lavoro, che otterrete i risultati. Dovete capire che chi scenderà in campo contro di voi, lo farà col fucile spianato, ma se saprete lottare con i giusti valori vi accorgerete che il Varese è una famiglia. Anzi, vi renderete conto che è anche meglio».