Il pubblico di Lugano ipnotizzato dal violino di Leonidas Kavakos

Splendido récital del virtuoso greco accompagnato dall’ottimo pianista Enrico Pace. Platea gremita nel nuovo auditorium del Lac, successo caloroso e due bis

I ragazzi di Lugano vanno ai concerti di musica classica. Arrivano addirittura dal Conservatorio, finita la lezione e con lo strumento nella custodia, parlano diverse lingue e commentano da competenti il talento dei solisti impegnati nel sontuoso auditorium del Lac. Ce n’erano parecchi ieri sera per il primo dei récital in programma nella stagione di Lugano Musica, ci piacerebbe molto vedere la stessa cosa a Varese, ma purtroppo accade assai raramente, perché spesso da noi l’educazione musicale è vista come un divertimento in più e non un momento di crescita umana e culturale nonché una futura possibilità di lavoro. Pubblico caloroso e platea gremita – gli organizzatori, per mantenere una maggiore intimità, hanno invitato gli utenti della balconata ad accomodarsi da basso – per il talentuoso violinista grecoe il pianista riminese , un’accoppiata già sperimentata con l’integrale delle Sonate beethoveniane incisa per la Decca. L’auditorium ha una prodigiosa acustica che rende palpabile ogni sfumatura di suono, le poltrone sono comode e la visione ottima, forse l’unico difetto della sala è il non avere il corridoio centrale, il che obbliga chi ha un posto nel mezzo a far alzare tutti gli altri spettatori della fila per potersi accomodare. Kavakos non è un violinista “spettacolare”, si muove pochissimo e ha gesti misurati, ma la qualità del suono, l’intonazione e la musicalità sono da vero fuoriclasse, e lo ha dimostrato soprattutto nella splendida Sonata op. 119 di Francis Poulenc, tra i capolavori novecenteschi del genere, irta di difficoltà

ritmiche e dal duplice carattere, inquieto e sensuale. Ieratico e quasi mai sorridente, Kavakos è artista d’intelletto, immerso costantemente nel magma musicale che dispiega con facilità impressionante, come è accaduto nella Sonata in mi bemolle maggiore di Richard Strauss, in cui il violino dialoga costantemente con il pianoforte e nel secondo movimento lo porta a vagare in una sorta di estatica visione lirica, frequente nel compositore bavarese e probabilmente culminata negli struggenti “Vier letze lieder” per soprano e orchestra.Piacevole scoperta quella di Enrico Pace, il cui volto sembra uscito da un’incisione di Luigi Conconi, pianista di grandissima sapienza, stilisticamente ineccepibile, accompagnatore di fenomeni quali Kavakos, Frank Peter Zimmermann e il baritono Matthias Goerne, e solista di vaglia, dotato di un tocco formidabile a volte fatato, emerso nella Sonata op. 23 di Beethoven, tra le più insolite creazioni del genio di Bonn e scelta dal duo come brano iniziale. Successo pieno, con il pubblico ticinese assai poco svizzero nel manifestare un caloroso entusiasmo e l’ultimo dei due bis, l’“Humoresque” di Dvorak trascritta da Fritz Kreisler e amata da un altro grandissimo violinista come Zino Francescatti, cesellata come un uovo di Fabergè dal violino di Kavakos, che ha evocato magicamente la vecchia Vienna imperiale languorosa e nostalgica. Al musicista greco non dev’essere estranea l’incisione che lo stesso Kreisler fece del suo brano nel 1938: stesso aplomb, stacco di tempo lento e abbandono totale al sogno, condivisione completa con il vellutato accompagnamento del pianoforte, pubblico ipnotizzato e riconoscente.

Il violinista Leonidas Kavakos e il pianista Enrico Pace ieri sera in duo al Lac di Lugano

Il violinista Leonidas Kavakos e il pianista Enrico Pace ieri sera in duo al Lac di Lugano