Dormire tra i rifiuti in via Cimone

La baracca abbandonata da tempo è tornata ad essere “abitata” dal rumeno che ci stava con la moglie. Alcolizzato e solo, si teme il peggio. «Saprebbe come farsi aiutare, ma non vuole. Ci si stringe il cuore»

– Un clochard è tornato nella baracca di via Cimone. Stando alle testimonianze raccolte nella zona, si tratta dello stesso rumeno che abitava quel tugurio anni fa, quando si era trasferito a vivere lì con la moglie, lasciando i figli in Romania. Ora la sue condizioni di salute sarebbero molto peggiorate: soffre di alcolismo e si teme che il freddo dell’inverno possa essergli fatale. Per

capire questa triste storia bisogna andare indietro qualche anno. Tornare al giorno in cui avevamo conosciuto quella coppia di rumeni che si era costruita una capanna ai margini del parcheggio di via Cimone. I due vivevano tra i rifiuti che il mercato abbandona in piazzale Kennedy. Frugavano nell’immondizia e cucinavano la verdura scartata dalle bancarelle in un fornellino da campo sistemato appena fuori dalla “tenda”.

La coppia all’epoca aveva fatto parlare di sé per aver rifiutato ogni offerta di aiuto avanzata dai servizi sociali del comune e per un malore che aveva colpito la donna, facendola cadere in centro a Varese. Un’altra volta un disperato si era addentrato nella baracca in cui viveva la coppia e aveva portato via dei vestiti pesanti. Ma i due rumeni neanche quella volta si erano sentiti minacciati e non avevano preso in considerazione l’idea di abbandonare il rifugio. Il tugurio ultimamente era rimasto disabitato ed era stato delimitato da reti arancioni. Ma non era stato smantellato. Adesso quella baracca montata alla bell’e meglio, formata da assi di legno, materassi e coperte, è tornata ad ospitare il rumeno. Chi lo ha incontrato racconta che, rispetto ad anni fa, la sua dipendenza dall’alcol è aumentata. È quasi impossibile vederlo sobrio e capita persino che non riesca, alla sera, a raggiungere il pertugio attraverso cui entra nel suo rifugio.

Anche il parcheggiatore di via Cimone ha provato ad aiutarlo, ma senza risultati: «Puoi anche dargli dei soldi con la speranza che si compri qualcosa da mangiare, ma lui spende tutto per bere». «Ricordo che quell’uomo, che ha circa 40 anni, nel passato è stato anche ricoverato in ospedale proprio per via dei suoi problemi con l’alcol – dice Maura Aimini dei City Angels – Aiutare lui e la moglie è impossibile. I due hanno sempre rifiutato qualsiasi forma di aiuto, così come di abbandonare quella capanna per un luogo migliore. La moglie questa volta è rimasta in Romania, ma lui sa dove siamo. Sa che se ha bisogno di alimenti e indumenti caldi da noi li trova. Ogni tanto, alla domenica, viene a prendere il pacco. L’ho visto peggiorato di salute. Si tratta di un caso davvero disperato, perché persone così non si sa davvero come aiutarle, con loro non si riesce ad interagire in alcun modo. La cosa che ci preoccupa di più è che, vivendo in quelle condizioni, quell’uomo già debilitato possa morire assiderato. Se una sera, pieno di alcol in corpo, si addormentasse senza coprirsi, potrebbe morire di ipotermia». Il clochard trascorre le giornate al caldo nei centri commerciali. Torna in via Cimone alla sera. Alla mattina stende le coperte sulla rete arancione per far loro prender aria. È incredibile pensare che a Giubiano, a due passi dalla città, si viva come in una baraccopoli.