Non è basket. E sul punto, almeno da questa parte dell’Oceano Atlantico, siamo più o meno tutti d’accordo. Però l’All Star Game è un evento a inviti e, come tale, atto a verificare l’attualità della pallacanestro italiana e a certificare l’appeal di squadre e giocatori che la compongono.
Nessuna sorpresa, quindi, nel constatare che la festa del basket andata in scena ieri sera a Trento non abbia accolto sul parquet nessun rappresentante della Openjobmetis 2015/16, né nella partita vera e propria, né nelle due competizioni collaterali del tiro da tre punti e delle schiacciate.
Il deserto dei tartari biancorosso è la prova provata della mancanza di bontà tecnica, di spettacolarità e di incisività nei singoli atleti che animano la corrente Pallacanestro Varese, nonché degli scarsi risultati ottenuti fino a questo momento dalla banda di Paolo Moretti.
Poco male: il chissenefrega di partite delle stelle e di companatici vari è dietro l’angolo. Prima di aprirgli la porta, però, un pizzico di realismo condito con una manciata di nostalgia costringe a notare come la stessa manifestazione, lo scorso anno, sia stata invece terreno di caccia per i rappresentanti di Varese.
La Openjobmetis di Gianmarco Pozzecco, protagonista di un girone di andata simile – quantomeno a consuntivo – a quello della squadra odierna, schierava parecchi nomi nell’happening del basket nostrano. E lo faceva da protagonista, in primis con lo stesso Pozzecco, allenatore designato di uno dei due team. Il personaggio Poz conquistò tutti con il consueto mix di gigioneggiate e simpatia, regalando anche un fuori programma finale con il suo ritorno in campo vestito di canotta e pantaloncini: un assist, un paio di rimbalzi, un filo di pancia da ex giocatore che si rispetti. Applausi.
Sotto i riflettori, tuttavia, ci furono anche Christian Eyenga e Andy Rautins, rispettivamente ala e guardia di quella Varese. Il primo conquistò il titolo di Mvp del match, segnando 30 punti e regalando alcune giocate spettacolari. Il secondo vinse la gara del tiro da tre punti, sconfiggendo rivali agguerriti e forse più attrezzati di lui.
La morale? Non c’è, a differenza del sospetto che questa stagione si stia mettendo peggio di quella già deludente dello scorso anno. Al girone di ritorno va il compito di smentire la sensazione.
Tornando alla domenica di Trento, una guatata al carrozzone 2016 ha confermato la scarsa predisposizione di noi italiani per lo spettacolo fine a se stesso. E nemmeno la sfida in panchina tra due vecchie glorie come Dan Peterson e Valerio Bianchini è riuscita a ravvivare più di tanto un contesto di qualità tecnica piuttosto dozzinale.
Poco meglio hanno fatto tiro da tre e le schiacciate: nella prima tenzone si è imposta la precisione di Simon (Milano), nella seconda i garretti di Abass (Cantù). L’emozione vera? In un’immagine da lacrime copiose per tutti i tifosi varesini: Adrian Banks, Mike Green e Achille Polonara seduti uno vicino all’altro a fondocampo. Guardare il proprio passato e provare rimpianto: ecco la vera tristezza.