Una del “Cairoli”. Quindi una di noi

Il commento del nostro Francesco Caielli su Lidia Macchi

Noi che abbiamo fatto il Cairoli, Lidia Macchi l’abbiamo respirata e conosciuta. Anche se siamo arrivati qualche anno dopo, anche se non abbiamo avuto modo di incrociarla tra quei corridoi che accoglievano i sogni di noi adolescenti, anche se lei già se n’era andata via. Lidia ci veniva raccontata dai suoi professori, da chi aveva avuto a che fare con lei, dal bidello del primo piano. E la sua storia la conoscevamo tutti, tutti l’avevamo un po’ fatta nostra perché in fondo noi cairolini siamo un po’ come una grande famiglia. In questi trent’anni, nel nostro piccolo, anche a tutti noi è mancato qualcosa: e ogni tanto ci capitava di pensarci, che una cosa del genere mica era giusta. Aggiungere altro dolore a un dolore disumano è folle, ingiusto. E per piangere davvero una figlia (una sorella, un’amica, una compagna) che non c’è più c’è bisogno di verità, o almeno della speranza di raggiungerla. Ora quella speranza c’è. Un evento che ha segnato la nostra città, la nostra scuola e il nostro passato torna prepotente a farsi largo: a rinnovare il dolore, ma anche a portare un po’ di luce. E ci piace pensare che anche oggi nei corridoi del nostro Cairoli sia brillata una luce differente. Ci piace pensare che anche le ultime generazioni di cairolini conoscano

la storia di Lidia Macchi come la conoscevamo noi, che anche loro abbiano trovato qualcuno che si è preso la briga di raccontarla. Come l’avevano raccontata a noi. La storia di una ragazza morta ammazzata, una di noi, una del Cairoli che dal Cairoli era passata lasciando un segno importante. La storia di due genitori e di un unico dolore. La storia di una ragazza come noi diventata quindi la nostra storia. Perché all’epoca non c’era ancora la paura nel girare da soli la sera, nell’andare a farsi un giro per i boschi, nell’incrociare uno sguardo. Non ci si pensava, e da quel giorno tutti hanno iniziato a pensarci, tutti hanno iniziato ad avere paura. Una paura che non se n’è più andata, e che anzi per mille motivi è diventata sempre più grande.Oggi è il giorno di queste riflessioni ed è il giorno di una ragazza che avrà per sempre vent’anni. Queste colonne sono per lei, e basta: niente avvocati, niente indagini, niente storie vendute e niente gare a chi è stato più bravo, niente trasmissioni che pretendono di sostituirsi ai processi e hanno fame di colpevoli. Chi scrive, di cronaca nera capisce poco e allora preferisce fermarsi qui. E dedicare un pensiero a Lidia, solo a Lidia. Una del Cairoli di Varese, quindi una di famiglia.