La prossima trasferta del Varese, in programma domenica a Vigevano, andrà in scena su un campo in erba sintetica e domani i biancorossi potranno prendere confidenza con questo tipo di superficie allenandosi al campo sportivo del Bosto.Da anni si parla della ristrutturazione del Franco Ossola e, da anni, si continua a tirare in ballo la soluzione artificiale per il rettangolo di gioco
dello stadio, devastato nelle passate stagioni da rizollature forzate dagli agronomi della Lega di Serie B, nel periodo meno adatto e cioè il mese di febbraio. In molti pensano che la soluzione in erba mista – sintetica e naturale sia quella migliore e meno costosa. Ma non è così, tant’è vero che molte società che sono passate al prato artificiale si sono pentite.
Varese ha la fortuna di avere valenti giardinieri in città, come Franco Vanoni, attuale manutentore del campo dello stadio. O agronomi di fama, come , espertissimo dell’argomento, che subito attacca: «Talvolta la plastica vince perché la tecnica fallisce. È quello che sta avvenendo nei tappeti erbosi a uso sportivo: sempre più addetti ai lavori sembrano convincersi che l’alternativa all’erba naturale è il sintetico o il semi artificiale in cui cioè il seme è costretto di continuo a germinare su trame sintetiche. L’artificiale diventa la semplicistica e comoda soluzione agli oneri manutentivi del naturale sempre più insostenibili. Diventa l’alternativa alle pietose condizioni agronomiche in cui alcuni campi, anche i più prestigiosi, si trovano: non più verdi aree omogenee dove il pallone scivola, ma spelacchiati campi di patate tanto da diventare comode scuse e alibi alle sconfitte per allenatori e giocatori. E così anziché trovare soluzioni tecniche al degrado della natura si passa alla plastica, alla sostituzione di un manto erboso ritenuto dispendioso, oneroso e per di più spelacchiato, con un bel sintetico dove i problemi non esisteranno».
Ma per Daniele Zanzi, che ci va giù pesante sull’argomento, è solo una pia illusione: «Sembrano tutti felici e contenti con le superfici artificiali: calciatori, allenatori, commentatori e televisioni a pagamento. Sulle cause del degrado dei campi naturali ne abbiamo lette e sentite tante, di tutto di più: poca o troppa luce, poco ossigeno, poco o troppo vento, troppo utilizzo, troppo o poco concime, troppo caldo o troppo freddo… Certo tutti fattori che possono essere importanti,
ma non decisivi. La realtà è che non si è più in grado di coltivare un sano e robusto tappeto erboso con un giusto equilibrio tra apparato radicale e parte aerea. Avete mai provato a strappare un ciuffo d’erba in un campo di calcio professionale? Vi rendereste subito conto della pochezza delle radici e, senza questo, non c’è sanità, vigore e resistenza. Si investono un mucchio di soldi nella manutenzione per ritrovarsi poi con campi di patate».
Ma la soluzione non è rappresentata dall’erba sintetica che qualcuno – anche se la notizia sembra essere tenuta in qualche modo nascosta – sta mettendo sotto accusa: «In Olanda – spiega Zanzi – alcune squadre di calcio della massima divisione non vogliono più giocare né allenarsi sul sintetico e non certo perché l’artificiale può falsare i rimbalzi o mettere a maggior rischio d’infortunio i preziosi legamenti dei giocatori, ma perché c’è la consapevolezza che l’artificiale non è in grado di detossificare, come invece fa un terreno normale, polveri, germi, batteri.
Anzi, le particelle vengono trattenute e rimangono lì, accumulandosi tra i fili artificiali o semi artificiali d’erba. Qualcuno sta mettendo in relazione patologie asmatiche proprio alla frequentazione con questi campi artificiali. La plastica non degrada e ricicla nulla, trattiene la sporcizia per sempre».Zanzi arriva quindi a sfatare un altro falso mito: «Non è vero che un prato artificiale non richiede manutenzione o non è esente da usura. Bisogna spazzolarlo, reintasarlo, innaffiarlo d’estate per raffreddarlo, reintegrarlo, ricolorarlo di verde quando sbiadisce. I costi e i problemi non è che si azzerino, anzi..».
Tutto quello che ci ha detto qui Daniele Zanzi ha delle solide basi scientifiche e si poggia su studi seri di cui avremo modo di parlare ampiamente nelle prossime settimane, quando continueremo la nostra inchiesta sull’argomento, mettendo a confronto costi e benefici di un campo in erba e quelli di una superficie in sintetico.