L’amore per una maglia, per una fede, per i colori che rappresentano la storia di una vita, va oltre ogni cosa. Ed è sempre così, o quasi. È stato così quest’estate a Varese, quando dopo il fallimento c’è stata la ricostruzione, a partire dai tifosi. È stato così, ieri, a Trieste. Perché, quando Mauro Milanese è uscito dal tribunale della sua città con in mano la Triestina, sono stati solo applausi. Una quarantina di tifosi, i più innamorati, gli hanno tributato onore e rispetto.
«Uscito da quella porta mi hanno cantato i cori storici della squadra. È stata un’esperienza strana, sicuramente commovente», ci racconta Milanese.Un’esperienza nata quasi per caso quest’estate: «Parlando con mio cugino Mauro Biasin, anche lui triestino come me, che oggi fa il costruttore in Australia, è nato tutto. Lui mi chiese dov’erano finite le 20.000 persone che seguivano la squadra. Lui, che in Italia torna con i suoi figli, era sconcertato per questa cosa. E allora mi chiese di sapere quanto costasse rilevare la società».
L’ex giocatore e dirigente biancorosso, così si è avvicinato alla squadra della sua città natale: «Assieme a mio cugino, quindi, già a metà febbraio, ho versato i 100.000 euro che servivano per continuare l’esercizio provvisorio e non dover dire addio al campionato. Da allora ad oggi, mi sento di aver fatto tanto, ma ancora molto c’è da fare, a partire dalla salvezza, visto che siamo a soli 2 punti dalla retrocessione diretta».
Dal fallimento alla speranza. Così è stato per il Varese, così è per la Triestina. «Vedete – prosegue Milanese -, nel calcio servono determinati valori. Il mondo del pallone non può ridursi solamente al business e allo sfruttamento economico, altrimenti muore. Qui a Trieste, come a Varese, la gente chiedeva solo una cosa: serietà, appartenenza alla città, e ai colori. E i risultati lo dimostrano: alla gente non importa delle categorie, importa di avere un calcio pulito e dei progetti di cui innamorarsi. A Varese 4.000 persone per vedere una partita d’Eccellenza sono, penso, un record, e qui da noi ne sono attese 2.000 la prima volta che giocheremo in casa, ora che allo stadio ci andavano in 200».
Ed è chiaro che sia così, in un mondo, come quello di oggi, in cui con un click si scopre tutto: dai bilanci di una società, alla serietà o meno delle persone che ne fanno parte. «I tifosi mi volevano perché in me hanno visto il senso di appartenenza alla città e alla squadra, e soprattutto hanno visto serietà. Ho fatto delle promesse e le ho mantenute. In questi mesi la gente mi fermava per strada incoraggiandomi a proseguire l’avventura con la Triestina. Queste cose sono una grande soddisfazione. Queste cose ti fanno scalare le montagne. Ora, Triestina e Varese le scaleranno assieme».