In viaggio nella crisi biancorossa

Ancora tre partite per ribaltare la stagione. Se non arriveranno prove convincenti, bisognerà cambiare

Avanti così, ma a tempo. La Varese in crisi di gioco e di risultati, incappata a Ventspils nella quinta sconfitta di fila tra serie A e Basketball Champions League, avrà a disposizione ancora due o forse tre partite per dimostrare di avere i mezzi tecnici e soprattutto mentali per risollevarsi e dare una sterzata positiva alla propria stagione. Pesaro domenica in campionato, la sfida casalinga contro i polacchi del Rosa Radom in coppa e il match che ospiterà Brescia ancora a Masnago: se entro questa soglia non arriveranno vittorie e prestazioni almeno caratterialmente convincenti, qualche cambiamento sarà inevitabile.

La situazione va analizzata nel modo più oggettivo possibile, partendo da numeri che certificano una verità nuda e cruda: l’Openjobmetis 2016/2017 sta rendendo – in termini di risultati sul campo – meno di quella dello scorso anno. Dopo 6 partite di campionato e 4 di coppa, la prima Varese di Paolo Moretti aveva un bilancio di 3 partite vinte e 3 perse in serie A e di 2-2 in Fiba Europe Cup. In campionato i biancorossi persero contro Caserta e Sassari in casa e contro Milano fuori, vincendo invece al Palawhirlpool contro Pesaro e Torino ed espugnando il parquet di Capo d’Orlando; in coppa Faye e compagni uscirono sconfitti contro Ostenda (in casa) e Sodertaljie (in trasferta), riscattandosi al cospetto degli ungheresi del Falco (al Lino Oldrini) e con il colpaccio segnato ad Ostenda nel ritorno del gruppo C. La seconda creatura del coach aretino ha un sentiero costellato da 2 vittorie e 4 sconfitte in campionato e da un successo contro 3 sconfitte in Europa. Nessuno intende procedere nell’analisi con le fette di salame sugli occhi: la Varese 2015/2016 aveva dovuto affrontare un calendario più abbordabile in campionato e gli avversari opposti dalla Champions non sono nemmeno lontanamente assimilabili ai carneadi (Ostenda a parte) incontrati nei viaggi continentali dello scorso autunno. Se ci si ricorda, però, della quantità di critiche che piovvero sul rendimento di quella truppa, davanti all’incedere di Maynor e sodali non si può certo sorridere di soddisfazione.

Le responsabilità per il non positivo incipit vanno divise equamente tra giocatori ed allenatore, pistoni del medesimo motore ora inceppato. Moretti, oggi, non è in discussione: la società – lo ha ribadito più volte, anche in “camera caritatis” – crede in lui e nei mezzi che saprà dare ai suoi uomini per risorgere. A nessuno è piaciuta la sua uscita «L’infortunio di Anosike? Sconcertante…» dopo il match contro il Paok, perché ha dato il là all’apertura di un “caso” che non ha certo contribuito a

rasserenare un ambiente già scosso da due pesanti debacle di oltre 30 punti. Ma non è certo bastato questo ad incrinare il rapporto tra coach e dirigenza: lo potrà fare, invece e inevitabilmente, la continuità nelle sconfitte. Quella di “toccare” il coach , tuttavia, è considerata da tutti un’extrema ratio: per la stima umana e professionale nei suoi confronti, per il progetto costruito che lo vede come cardine e (va detta la verità, anche se scomoda) per i costi che una transazione con Moretti comporterebbe.

Moretti che, dal canto suo, continua a scervellarsi con il massimo dell’impegno per trovare soluzioni alla preoccupante involuzione della sua formazione rispetto al discreto inizio. C’è tuttavia il sentore di una fiducia incrinata rispetto alle qualità mentali di alcuni suoi adepti, sentimento più che giustificabile, peraltro. Le facce di Maynor, Johnson e compagnia (si salvano sotto quest’aspetto solo Kangur, Eyenga, Cavaliero, Ferrero, Pelle e Avramovic) stanno indicando, gara dopo gara, smarrimento, paura, incapacità di reagire e a tratti addirittura sufficienza davanti alle difficoltà.

Poi ci sono i problemi tecnici: il tiro che latita e che non viene costruito a dovere (in coppa, per esempio, la Openjobmetis è ultima negli assist), un’asse play pivot che non funziona per la scarsa pericolosità offensiva di Anosike e le condizioni atletiche del regista, il gioco poco fluido e la difesa a tratti disattenta. Si dovesse procedere a dei cambi ogni ragionamento andrà fatto tenendo conto anche del “portafoglio” e della possibilità di “piazzare” i contratti. Al di là delle “colpe” – ripetiamo: soprattutto caratteriali – dei singoli, l’aspetto più preoccupante è la mancanza di idee del collettivo. Un esempio? Nell’overtime contro Avellino, Maynor esce dall’ultimo timeout e passa i primi 10 secondi dell’azione a farsi “rispiegare” da Moretti cosa fare: è possibile? È possibile che dopo 3 mesi di lavoro Varese non abbia ancora un’identità almeno tracciata, pur sapendo che il sistema “morettiano” abbisogna di tempo per dare i suoi frutti? Sono i giocatori che non vanno bene per chi li guida? Difficile, Moretti, quest’anno, ha asseverato ogni acquisto. Si sono involuti strada facendo? Bisognerebbe capire perché. Alcuni sono scommesse perse? Lo si ammetta e si cambi rotta. Sono indolenti? Forse allora è arrivato il momento di mutare le gerarchie e sfruttare al massimo le possibilità fornite dall’organico lungo: dentro Avramovic e Pelle in quintetto, per esempio. Ma è più difficile avere coraggio nella tempesta, piuttosto che cambiare atleti come se fossero figurine.

Il tempo per lavorare è davvero poco, perché la sequenza di partite e viaggi lascia davvero poco spazio all’esigenza di chiudersi in palestra per trovare il bandolo della matassa. Già, il lavoro: una soluzione che, al netto di ogni “parrocchia”, sarebbe davvero quella più meritoria e dignitosa e che darebbe “ragione” sia all’allenatore che ai suoi giocatori.

A breve termine servirà anche il classico colpo di fortuna per trovare quella vittoria che libererebbe le menti. Lo sa anche la società, verso la quale la fiducia dell’ambiente è ben diversa rispetto allo scorso anno. Per la qualità dei professionisti che ne occupano i piani più alti, per il coraggio avuto quest’estate nel rivoluzionare ciò che non andava e per la serietà con cui vengono condotti tutti gli impegni che le competono. Anche e soprattutto i pagamenti dei giocatori (che quest’anno sono puntualissimi) e la salute finanziaria del club.