Tripoli, 22 ago. (Ap) – Il leader libico Mummar Gheddafi ha incontrato Abdelbaset Ali al Megrahi, l’ex agente dei servizi segreti libici condannato all’ergastolo per l’attentato di Lockerbie del 1988: le immagini sono state trasmesse oggi dalla televisione di Stato libica e non mancheranno di ravvivare le polemiche suscitate dalla scarcerazione di Al Megrahi, malato terminale.
Gheddafi ha abbracciato Al Megrahi e ha elogiato il “coraggio” e la “indipendenza” del governo scozzese (guidato dallo Scottish National Party) “nonostante le irragionevoli pressioni alle quali era stato sottoposto”, per aver preso “questa coraggiosa decisione umanitaria”; il rais ha inoltre ringraziato “l’amico” Gordon Brown, il governo britannico, la regina Elisabetta e il principe Andrea per aver “contribuito a incoraggiare il governo scozzese a prendere questa storica e coraggiosa decisione”.
La stampa britannica non ha tuttavia usato mezzi termini: il Daily Mail parla di “umiliazione” del governo britannico, mentre per l’Independent “pretendere che la decisione non sia stata guidata da interessi politici e che non sia esistito un livello di consultazioni, se non collusione, fra Edimburgo è Londra è
qualcosa che solo gli stupidi possono credere”; inoltre,
l’esecutivo britannico sarebbe poi rimasto sorpreso dalla
reazione fortemente negativa dell’Amministrazione Obama.
A parziale discolpa il Financial Times osserva come la verità dietro la strage sia stata tutt’altro che appurata, e lo stesso Daily Mail osserva come “sia stato assai più semplice facilitare il ritorno di Al Megrahi in Libia che non affrontare delle scomode verità sulla sua eventuale innocenza”.
Lo stesso Al Megrahi da parte sua non appena giunto a Tripoli ha affermato di poter provare la sua estraneità alla strage, e intervistato dal quotidiano britannico The Times insiste: “Si è trattato di un errore giudiziario, se vi fosse stata una giustizia sarei stato assolto o la sentenza sarebbe stata annullata, perché irregolare. Presenterò delle nuove prove
e chiederò che siano esaminate dal tribunale”.
Al Megrahi ha poi affermato di comprendere la rabbia dei
familiari delle vittime per il suo rilascio (ma anche per il
ritiro dell’appello, che impedisce di fatto ogni ulteriore
indagine): “Mi odiano, è una reazione naturale, credono che io
sia colpevole quando in realtà non lo sono: ma un giorno la
verità uscirà fuori, esiste un detto arabo: la verità non muore
mai”; quanto alla richiesta dell’Amministrazione Obama perché
venisse posto almeno ai domiciliari, ha osservato: “Sanno che
sono una persona molto malata, l’unico posto dove posso andare è
un ospedale per la terapia, non ho interesse ad andare da
nessun’altra parte. Non si preoccupi, signor Obama, sono solo tre mesi”.
Sullo sfondo rimane tuttavia la questione dei contratti
petroliferi e commerciali siglati da Londra e Tripoli: Seif al
Islam, il figlio di Gheddafi, ha confermato che in tutte le
trattative il dossier Al Megrahi è stato uno degli argomenti
discussi con le controparti britanniche. Pronta la smentita di
Londra: il Foreign Office ha sottolineato come “tutte le
decisioni ricadano sotto al giurisdizione del Ministri della
Giustizia scozzese e non vi sia stato alcun accordo” con la Libia.
Secondo gli analisti britannici il rilascio di Al Megrahi
costituirebbe un “regalo” per il quarantesimo anniversario
dell’ascesa al potere del rais. La scarcerazione è divenuta un
successo propagandistico per Gheddafi, mentre i Paesi occidentali potrebbero d’altra parte completare un riavvicinamento motivato non solo dal possibile ruolo di Tripoli nella lotta al terrorismo mondiale, ma anche dalle cospicue riserve di gas naturale e petrolio di cui dispone la Libia. In particolare, la liberazione di Al Megrahi potrebbe portare al
via libera da parte delle autorità libiche alla britannica Bp di
avviare le attività di prospezione previste da un accordo firmato con Tripoli nel 2007, finora ostacolate dalla mancanza di equipaggiamento pesante.
Al Megrahi viene considerato in Libia alla stregua di un eroe il cui “sacrificio” ha permesso di revocare l’embargo internazionale a cui era sottoposta Tripoli. Secondo gli analisti tuttavia il suo rimpatrio è stato trattato – almeno per gli standard libici – in tono relativamente minore: nessuna delegazione ufficiale, nessuna diretta televisiva, segno che Tripoli cerca di non scuotere più di tanto i rapporti con l’Occidente; lo stesso Gheddafi ha paragonato il ritorno di Al Megrahi a Tripoli a quello delle cinque infermiere bulgare condannate per aver infettato 400 bambini libici con il virus dell’Hiv, e che dopo il rilascio vennero accolte a Sofia con scene di giubilo.
Mgi
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