“Carattere ancora intemperante”: niente liberazione condizionale per Renato Vallanzasca

Il Tribunale di Sorveglianza ha rigettato l'istanza della difesa dell'ex boss della Comasina nonostante un'equipe del carcere di Bollate abbia dichiarato che l'ormai 72enne ergastolano ha recentemente tenuto una "condotta abbastanza corretta"

MILANO – Da “un diverbio” avuto con un agente della penitenziaria durante “il controllo delle urine”, lo scorso agosto, di ritorno a Bollate da un permesso premio, e per il quale è stato “sanzionato con il richiamo”, emerge “tutt’ora il carattere intemperante” di Renato Vallanzasca, 72 anni. Lo scrive il Tribunale di Sorveglianza di Milano nel motivare il rigetto di un’altra richiesta di liberazione condizionale, o in subordine di semilibertà, avanzata dall’ex protagonista della mala milanese degli anni ’70 e ’80, che sta in carcere da “circa cinquant’anni” con “fine pena mai”. “Non si è ravveduto e non ha risarcito le vittime”.

Oltre a richiamare il provvedimento del 2020 in cui si affrontava il tema della “pericolosità” di Vallanzasca, i giudici della Sorveglianza di Milano, che hanno respinto un’altra istanza di liberazione condizionale o semilibertà, riportano le relazioni dell’equipe del carcere nelle quali si dice che l’ex boss della Comasina negli ultimi due anni ha tenuto una “condotta abbastanza corretta”. E riportano l’episodio di agosto quando “non voleva sottostare a un controllo” delle urine, ma scrivono anche che l’ex bandito si sta “‘ritirando’ in sé stesso”.

Sempre dalle relazioni, che danno conto dei permessi premio che negli anni ha ottenuto presso una comunità di accoglienza, risulta che Vallanzasca “in particolare dal 2021” è un “uomo provato”, sia nel fisico che nella mente, “segnato ovviamente da circa 50 anni di carcere”. Tutti nella comunità “hanno finito per affezionarsi” a lui “a volte un po’ spaesato”. La stessa difesa ha depositato documenti medici con valutazioni neurologiche. Vallanzasca, però, spiegano ancora i giudici, non ha risarcito mai le vittime né ha dimostrato “l’impossibilità

di adempiere” alle obbligazioni civili. Il Tribunale, inoltre, per quando riguarda la concessione della semilibertà sostiene che la difesa si è limitata a chiedere il beneficio indicando solo la comunità, ma senza dire nulla sulla “attività lavorativa” che dovrebbe svolgere per il suo “rinserimento sociale”. La stessa comunità aveva segnalato che Vallanzasca avrebbe potuto partecipare “ai gruppi di orientamento riparativo” con autori e vittime di reati. Una indicazione “assolutamente generica”, scrivono i giudici. Anche la comunità ha spiegato che non potrebbe, però, svolgere attività “utile al reinserimento”. Tuttavia, le condizioni di salute, concludono i giudici, non contano per dare l’ok alle misure richieste.