Cappato di nuovo in Svizzera per un suicidio assistito. Pro Vita: “Uccidere non è un diritto”

Lo storico esponente radicale alle prese con un altro caso controverso. La battaglia dell'Associazione Luca Coscioni e le critiche del mondo cattolico

MILANO – Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, si trova di nuovo in Svizzera per accompagnare un uomo, affetto da “parkinsonismo atipico”, in una struttura dove possa accedere al suicidio assistito.

Nel nostro Paese, ricorda l’associazione Coscioni, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani (e quindi grazie alla sentenza 242 della Corte costituzionale che ha valore di legge) il suicidio assistito è possibile e legale quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e queste condizioni siano state verificate dal SSN.

Una nuova disobbedienza civile di Marco Cappato, dopo quella dello scorso agosto, con l’obiettivo di superare le attuali discriminazioni tra persone malate e consentire il pieno rispetto della volontà anche delle persone affette da patologie irreversibili, fonte di sofferenza, pienamente capaci ma non ancora tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Pro Vita: “Uccidere non è un diritto civile”

“Caro Marco Cappato, uccidere non è un diritto civile, accompagnare una persona malata a porre fine alla sua vita non è un atto di civiltà. L’unico diritto inviolabile delle persone malate è quello di essere accolte, curate, assistite e avere la possibilità di accedere facilmente alle cure palliative. Per l’ennesima volta Cappato tenta attraverso la violazione della legge italiana di far pressione sull’ordinamento italiano perché vengano riconosciuti e legalizzati il suicidio assistito e l’eutanasia,

nel caso specifico addirittura ammettendo che l’uomo che ha accompagnato in Svizzera affetto da Parkinsonismo atipico non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso di Dj Fabo. Chiediamo quindi a Governo e Parlamento di intervenire affinché siano finalmente messi in atto tutti gli aiuti necessari per sviluppare le cure palliative, le attività degli hospice e l’assistenza ai malati e ai loro familiari così come previsto dalla legge legge n. 38 del 2010”. Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus.