VARESE – Parole offensive come “mucca”, “culona” e “balena” erano finite agli atti di un processo a Varese, accompagnate da accuse ben più gravi di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia, per le quali il pubblico ministero aveva richiesto una condanna a quattro anni.
Tuttavia, il Collegio giudicante, presieduto dalla giudice Stefania Brusa, ha emesso una sentenza favorevole all’imputato, difeso dall’avvocato Gianmarco Piras. La corte ha stabilito che non si procederà per le accuse di maltrattamenti: le ingiurie infatti non sono più considerate reato, mentre il capo di imputazione relativo alla violenza sessuale è risultato prescritto.
Durante il processo era emerso che l’uomo esercitava un controllo ossessivo sulle abitudini quotidiane della moglie e del figlio, arrivando persino a frugare nei rifiuti per verificare cosa avessero mangiato. Questi comportamenti, seppur gravemente criticabili, non sono stati ritenuti penalmente rilevanti dal giudice.