BUSTO ARSIZIO – Ancora un dramma dietro le sbarre. Nella tarda mattinata di mercoledì 27 agosto un detenuto italiano di 61 anni si è tolto la vita nella sua cella della Casa circondariale di Busto Arsizio. L’uomo, recluso da soli dieci giorni per l’applicazione del “codice rosso”, si è impiccato. Inutili i tentativi di rianimazione da parte della Polizia penitenziaria e dei sanitari. Si tratta del 56° suicidio tra i detenuti dall’inizio del 2025, cui si aggiungono anche tre operatori.
A lanciare l’allarme è Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria: «Si continua a morire per carcere e di carcere, senza che all’orizzonte si vedano soluzioni concrete capaci di restituire dignità alla detenzione e alle condizioni di lavoro degli operatori».
Il carcere di Busto Arsizio si conferma tra i più sovraffollati del Paese: 423 detenuti stipati in 211 posti, più del doppio della capienza, con soli 178 agenti di Polizia penitenziaria a fronte dei 315 necessari. Una carenza di personale che si traduce in un deficit del 44%.
A livello nazionale il quadro non è diverso: mancano all’appello circa 18mila agenti, che salgono a 20mila se si considera il personale assegnato a uffici ministeriali ed extra-penitenziari. «In queste condizioni – denuncia De Fazio – le prigioni si trasformano in un inferno, sia per chi sconta la pena, sia per chi indossa la divisa e vi lavora».
La Uilpa chiede con urgenza misure deflattive per ridurre il sovraffollamento, potenziare gli organici e rafforzare l’assistenza sanitaria e psichiatrica. «La situazione – conclude De Fazio – è in continuo e progressivo deterioramento».