Addio a Stefano Benni, il “Lupo” della letteratura italiana

Lo scrittore bolognese, maestro di ironia e immaginazione, è morto a 78 anni. Dai bar di provincia di Bar Sport ai mondi fantastici de La compagnia dei Celestini, ha segnato generazioni di lettori.

Stefano Benni, uno degli scrittori italiani più amati e riconoscibili degli ultimi decenni, è morto a 78 anni. Con il suo stile ironico, visionario e profondamente legato all’osservazione della società italiana, Benni ha lasciato opere diventate classici contemporanei, come il romanzo La compagnia dei Celestini (1992) e la raccolta Bar Sport (1976), oltre a sceneggiature, testi teatrali, collaborazioni televisive e articoli per testate come L’Espresso e il Manifesto.

Conosciuto con il soprannome di “Lupo”, Benni era nato a Bologna nel 1947 e cresciuto nell’Appennino. Dopo aver frequentato l’università senza laurearsi, si era dedicato presto alla scrittura, pubblicando nel 1976 la sua prima raccolta di racconti, Bar Sport, ambientata nei bar di provincia italiani e presto diventata un cult. Il libro, amato per il tono surreale e grottesco con cui raccontava scene di vita quotidiana, ebbe un seguito nel 1997 e ispirò un film nel 2011.

Negli anni Ottanta arrivarono i primi romanzi, come Terra! e Stranalandia, seguiti da Il bar sotto il mare (1987), che confermò la sua capacità di mescolare ironia, fantasia e critica sociale. Il successo internazionale giunse nel 1992 con La compagnia dei Celestini, romanzo ambientato in un’Italia immaginaria, incentrato su tre ragazzi orfani in fuga per partecipare ai mondiali di “pallastrada”, che divenne un classico anche della narrativa per ragazzi.

Tra i suoi libri più apprezzati degli anni Duemila c’è Margherita Dolcevita (2005), ritratto tenero e ironico di una ragazzina alle prese con una famiglia stravagante. La maggior parte delle sue opere è stata pubblicata da Feltrinelli e tradotta in numerose lingue, consolidando il suo ruolo di autore di culto.

Negli ultimi anni, Benni aveva smesso di scrivere a causa di una lunga malattia. Il critico Goffredo Fofi, scomparso a luglio, lo aveva ricordato descrivendo il suo «humour pacato ma anche duro quando necessario, mai dettato da disprezzo o malizia».

Benni ha lasciato un segno indelebile nella cultura italiana: la sua prosa creativa, i personaggi indimenticabili e l’ironia capace di raccontare il reale attraverso il fantastico continuano a parlare a generazioni diverse di lettori.