La fertilità maschile è in caduta libera. A confermarlo è una nuova ricerca pubblicata su Human Reproduction Update, che mostra come negli ultimi 50 anni la concentrazione di spermatozoi negli uomini non sterili si sia ridotta della metà, passando da 101,2 milioni a 49 milioni per millilitro di sperma. Ancora più allarmante, il tasso di perdita sta accelerando: oggi la conta si riduce dell’1,1% all’anno.
Lo studio è stato condotto da un team internazionale guidato dalla professoressa Shanna H. Swan della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, in collaborazione con ricercatori israeliani, spagnoli e di altri centri di ricerca. Si tratta di un’estensione di un’analisi del 2017, che aveva già documentato il calo in Europa, Nord America e Nuova Zelanda. Questa nuova indagine ha ampliato il raggio d’azione includendo dati provenienti da Sud America, Asia e Africa, per un totale di circa 60.000 uomini di oltre 50 Paesi.
Secondo i ricercatori, la diminuzione riguarda esclusivamente uomini noti per non essere sterili, rendendo il trend ancora più preoccupante. I valori medi restano oggi entro la soglia di normalità indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (tra 15 e 200 milioni di spermatozoi per millilitro), ma la progressiva perdita lascia intravedere scenari futuri inquietanti.
Le possibili cause
Le ragioni del crollo non sono del tutto chiare, ma gli scienziati puntano il dito contro un insieme di fattori ambientali e comportamentali: inquinamento atmosferico e domestico, esposizione a sostanze chimiche tossiche, uso eccessivo di farmaci, consumo di alcol e tabacco, obesità e cattive abitudini alimentari. Anche la diffusione di microplastiche e interferenti endocrini potrebbe avere un ruolo determinante.
La professoressa Swan ha più volte avvertito che, senza interventi correttivi, entro il 2045 la maggior parte delle coppie potrebbe dover ricorrere alla fecondazione assistita per concepire, e che entro il 2060 la fertilità naturale dell’uomo potrebbe essere fortemente compromessa.
Un appello alla comunità scientifica
Sebbene alcuni studiosi abbiano espresso dubbi sulla comparabilità dei dati storici – sostenendo che le tecniche di misurazione del passato fossero meno precise – il gruppo di ricerca ribadisce la solidità statistica dei risultati e invita governi e istituzioni a promuovere politiche di tutela ambientale e della salute riproduttiva.
Il rischio, avvertono gli autori, non è solo quello di un aumento dei casi di infertilità individuale, ma di un vero e proprio problema di sopravvivenza della specie se la tendenza non verrà arrestata.