Benvenuti alla Coppa Davis. Quella vera, quella che vive della forza del pubblico di casa: a Bologna il tifo è caldo, appassionato, e riporta la competizione alle emozioni di un tempo. In questo clima, le storie parallele di Matteo Berrettini e Flavio Cobolli – amici da una vita, un veterano in cerca di rilancio e un emergente in piena crescita – si intrecciano fino a diventare una sola. Due vittorie nette, senza scossoni, e l’Italia campione degli ultimi due anni supera il primo ostacolo Austria, volando in semifinale contro il Belgio, approdato complice la pessima giornata dei francesi Moutet e Rinderknech.
L’APRIPISTA
«Mi siete mancati da morire e questo è il motivo per cui gioco a tennis: per queste emozioni, per questo pubblico, per la Davis». Berrettini parla col cuore in mano. Lo fa dopo aver rimontato nel secondo set da 2-5 e poi da 4-5 0-40, salvando tre set point consecutivi. «Quando lottavo pensavo alla squadra, a voi. Questo è il bello della Davis. Ora fatevi sentire per Flavio, abbiamo bisogno del vostro supporto… daje».
Amato dai tifosi per il suo passato da top 10 e finalista di Wimbledon, frenato negli ultimi anni dagli infortuni, Matteo mostra ancora una volta la personalità del leader. L’ha fatto presentandosi a Malaga da semplice tifoso, l’ha fatto lo scorso anno contribuendo al titolo accanto a Sinner, e lo fa oggi, reinserito da Volandri per un nuovo inizio. Accanto a lui, come allora, c’è Cobolli: quel “fratellino” con cui sognava la Davis da bambino nei campi di Roma.
LA STAFFETTA
Con il 6-3 7-6 manovrato sul mancino Rodionov, Berrettini scioglie i dubbi sulla schiena e sull’autonomia, rassicurando anche Sonego, pronto in panchina. Il suo 1-0 è un trampolino perfetto per Cobolli, che conferma la crescita anche sul veloce sotto l’occhio attento di papà Stefano. Partenza bruciante, 6-1, e poi 6-3 su Misolic nel duello tra numeri 1. Un successo mai in discussione, che vale il 2-0 e rende inutile il doppio Bolelli-Vavassori.
In tribuna, tra gli altri, Marco Belinelli e Novak Djokovic, presente per la cerimonia in memoria del suo “padre tennistico”, Niki Pilic. «L’Italia può vincere di nuovo – dice Nole – e ha anche la fortuna di giocare in casa».
LA FELICITÀ DI COBOLLI
Alla fine della sua prova brillante, Flavio si commuove: «Grazie a tutti. Giocare qui è speciale, è il giorno più bello della mia vita. Ho sempre sognato questa maglia, farlo in Italia è ancora più bello. Complimenti Matteo, hai giocato una grande partita: in nazionale motivi me e tutti noi».
Unico stonatura, l’urlo «Tutta l’Italia, tutta l’Italia…», spontaneo e ingenuo come chi sta ancora imparando a convivere con l’emozione dei grandi palcoscenici.
Quello che conta, però, è il resto: la squadra è compatta, il pubblico c’è, e l’Italia continua a correre. Domani c’è il Belgio.













