«Forse sono più moderato dei ragazzi che al mio concerto ritmano "La locomotiva" col pugno chiuso, ma si può essere incazzati anche da moderati. E comunque quella canzone continua a parlare di simboli e di speranze che vivono ancora. Vedere i quindicenni che la cantano e conoscono a memoria le parole mi dà sempre i brividi. E poi lo sanno tutti che non voto Udc».Allora per una volta partiamo dal finale, con la parabola del ferroviere anarchico contro il treno dei ricchi che chiuderà come da rituale il concerto di Francesco Guccini, sul palco del Palawhirlpool
di Varese venerdì 6 marzo («quando vengo lì da voi mi sembra sempre di fare un viaggio in Svizzera», dice), evento che vede il nostro giornale come media partner. Sessantotto anni e ventidue album alle spalle, il cantautore regala alla città giardino una delle rare esibizioni di questi mesi (unica altra data in Lombardia il 14 marzo a Treviglio). Sul palco con lui i fedelissimi Ellade Bandini (batteria e percussioni), Antonio Marangolo (sax e percussioni), Vince Tempera (pianoforte e tastiere), Pierluigi Mingotti (basso), Roberto Manuzzi (sax, armonica, fisarmonica e tastiere) e Juan Carlos “Flaco” Biondini (chitarre).
Francesco, l’ultimo disco di inediti, «Ritratti», è del 2004. Tu sei uno dei rari cantanti che va in concerto senza un lavoro nuovo da promuovere…
Altrimenti non andrei più in giro a suonare, visto che ci metto dieci anni a fare un disco. Qualche canzone è pronta, qualcun altra mi sta passando per la mente ma aspetto che si depositi bene. Due inedite le presento anche in concerto. Oddio, inedite si fa per dire, perché mi dicono che in un attimo sono finite su You Tube. Una comunque racconta un episodio di guerra partigiana, si intitola "Su in collina", l’altra è una canzone ironica, "Il testamento del pagliaccio", parlo della nostra politica.
Negli ultimi anni hai scritto più libri che canzoni. Stai pensando di cambiare mestiere?
Ma no, si possono fare le due cose in parallelo. Sto iniziando a scrivere un altro giallo insieme a Loriano Macchiavelli, ma non è detto che arrivi prima del nuovo disco. Sono lungo anche a fare libri.
Antonio Silva, colonna del Club Tenco, ti definisce l’ultimo cantastorie.
L’amico Silva è troppo buono. E’ molto romantico dire così, ma io di cantastorie ne ho conosciuti e avevano una stoffa molto diversa. Forse erano gli antesignani dei media, dei giornalisti televisivi o roba del genere. Io faccio un altro mestiere.
Sui manifesti del concerto la tua foto è ancora di quella di «Via Paolo Fabbri 43», l’album del ’76. Cos’è, un modo per dire che Guccini è sempre uguale a se stesso? O un vezzo giovanilistico?
Se è per questo quella foto è ancora più vecchia, figurati che venne scattata a Santorini nel 1971. No, non voglio mascherarmi da giovane perché si vede benissimo che gli anni sono passati. Ma quella foto ormai è un logo, una specie di simbolo.
Non hai la patente, telefonino neanche a parlarne. Ma parli di YouTube. Cos’è, hai scoperto internet?
Assolutamente no. Me lo raccontano gli amici. Io uso il computer solo per scrivere. I libri, perché per le canzoni ho bisogno ancora di carta e penna, è un impatto diverso.
Hai cantato l’America degli emigranti. Che effetto ti fa vedere Obama presidente?
Una grande speranza. Sta cambiando il linguaggio, stanno cambiando le scelte. Magari non sono tra quelli che si sono entusiasmati come ragazzi, ma certo ho tifato e tifo per lui. E poi sicuramente è meglio di Bush…
E in Italia?
Certo la sinistra non è messa bene. Ma non credo affatto che il Pd sia morto, e anzi il discorso di esordio di Franceschini come segretario non mi è dispiaciuto.
Hai dichiarato che «X Factor» è utile per i giovani che vogliono sfondare nella musica.
Ho detto che mi è capitato di guardarlo cliccando di qua e di là e che mi sembra un buon sistema, visto che le case discografiche sono in crisi e non hanno più i mezzi di una volta per imporre e far sfondare un personaggio. Ma niente di più.
Invece una tua canzone venne bocciata a Sanremo.
Ma era una roba da ragazzino, ero ancora innocente. Caterina Caselli scelse un mio brano da proporre al festival, ma mi dissero che dovevo adattarlo per il pubblico e mi affiancarono due parolieri. Alla fine venne così stravolto che fui proprio contento di vederlo rifiutare. Insomma, fu "Noi non ci… Sanremo".
Come sarà il concerto di Varese?
Farò molte delle mie canzoni più famose, "Il vecchio e il bambino", "Eskimo", "Amerigo", "Cirano". Non c’è un criterio preciso, la scorsa estate ci siamo messi a tavolino con i musicisti che saranno sul palco e ognuno ha detto la sua. Ma mi sembra un concerto venuto bene. Pare che piaccia.
Vittorio Colombo
Francesco Guccini in concerto
Varese, PalaWhirlpool, venerdì 6 marzo. Biglietti 23,50 euro (+ 3,50 euro di prevendita). Infoline 337 502362.
v.colombo
© riproduzione riservata