Dalla corsia alla regia “Insieme è possibile”

BUSTO ARSIZIO Un omicidio che pare chiarissimo: un cadavere, una moglie rea confessa con tanto di pistola fumante in mano. Salvo scoprire che in realtà nulla è come sembra: è la trama de “L’ospite inatteso”, capolavoro di Agatha Christie, che venerdì alle 21 sarà in scena al Teatro Manzoni. Con un regista molto speciale, abituato a dirigere ma in tutt’altro contesto: il dottor Pietro Zoia, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Busto Arsizio.
Zoia, domanda di rito: come nasce questa passione per il teatro?
Viene da lontano,

da quando ero un ragazzino delle medie e il giovane prete Alberto Dell’Orto (tutt’oggi figura di spicco della cultura gallaratese e anima del Teatro delle Arti, ndr) mi assegnò una particina in una rappresentazione teatrale. Fino ai vent’anni ho coltivato questa passione nei panni dell’attore, per poi abbandonarla salvo episodi saltuari. Nel 1997 il parroco di San Zenone di Crenna, che allora era don Michele, mi suggerì di organizzare un momento comunitario di aggregazione all’insegna del teatro, stavolta nel ruolo di regista: la Compagnia teatrale crennese è nata così, come un semplice gruppo di amici, ma ormai siamo alla tredicesima piéce allestita.
A proposito di numero 13, o 12bis, avrete anche voi i vostri riti scaramantici prima di salire sul palco.
Tutti i teatranti li hanno. Per quanto riguarda noi, niente viola in scena né dietro le quinte, e io alla prima indosso sempre la stessa casacca: sono convinto che mi porti fortuna, nonostante gli anni passino e in qualche punto inizi a tirare un po’…
Perché Agatha Christie?
E’ un’autrice che ci piace molto: soprattutto ne “L’ospite inatteso” parte da una situazione in apparenza semplice, per poi farci scoprire che la realtà non è ciò che sembra. Come anche Pirandello, altro autore che amiamo, sembra suggerire che ognuno vede la verità secondo una propria sfaccettatura.
Venerdì sera sarete sul palco gratis: il ricavato dello spettacolo sarà devoluto all’assistenza domiciliare dei malati oncologici terminali.
Siamo prima di tutto un gruppo di amici: per noi è una gioia lavorare insieme, tanto più se a fini benefici. Il nostro unico prezzo è l’applauso.
Dirige una compagnia e dirige un ospedale. Sarà un caso?
Sono due contesti profondamente diversi, è ovvio. Però, a voler ben vedere, anche quella dell’ospedale è una regia: bisogna armonizzare le capacità di tutti per permettere a ognuno di dare il meglio. E poi nella nostra compagnia tutti fanno la loro parte: c’è chi aiuta per le scene, chi per le luci, chi cura i testi, chi recita. Lo spettacolo è davvero un’opera collettiva, e anche a teatro vale lo stesso motto che abbiamo scelto per l’ospedale: insieme si può.
Laura Campiglio

s.bartolini

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