Insubria solo sulla carta E la Lega boicotta la Regio

VARESE l territorio italo-svizzero dell’Insubria è diventato uno spazio economico comune? No, perché la cooperazione in campo economico tra le realtà che la compongono deve ancora superare troppi ostacoli, dal riconoscimento dei titoli formativi ai problemi con gli adempimenti burocratici e assicurativi per lavoratori e imprese. Ne hanno discusso esperti italiani e ticinesi, riuniti ieri mattina all’aula magna dell’università dell’Insubria dai Lions Regio Insubrica con la Comunità di lavoro Regio insubrica. Un’iniziativa a cui non ha partecipato però

nessuna delle autorità varesine invitate per il saluto iniziale, dopo l’annunciato “boicottaggio” della Lega Nord.
I Lions ticinesi, piemontesi e comaschi – organizzatori dell’evento – si sono detti «amareggiati» per l’assenza delle istituzioni e in particolare per quella del presidente della Provincia Dario Galli, che è anche presidente pro tempore della Regio Insubrica, ricordando l’apoliticità dell’associazione. «Avevo un altro impegno a Milano, a Radio Padania» spiega Galli «Di certo, però, un convegno organizzato a Varese con due rappresentanti della Camera di Commercio di Como e nessuno di Varese, in cui si invita il presidente della Provincia a fare solo un saluto e non a dire qualcosa è un’iniziativa maldestra». «Bisogna ricordare a questi signori – conclude Galli – che il futuro dell’Insubria lo stabiliscono gli eletti del popolo, i presidenti di provincia e sindaci, non i segretari dipendenti dell’ente». Il riferimento è al segretario della Regio Insubrica Roberto Forte, di cui Lega Nord e Lega Ticinese hanno recentemente chiesto la rimozione dalla comunità di lavoro. E si tratta di un’assenza annunciata, perché dieci giorni fa, in un documento congiunto pubblicato sul giornale ticinese “Il Mattino”, le due leghe avevano espressamente invitato a boicottare il «convegno di parrucconi organizzato da Roberto Forte, ormai segretario senza alcuna legittimità», perché «rimasto formalmente inattivo da 2 anni, in cui si è intascato lauti stipendi».
Forte, da parte sua getta acqua sul fuoco: «In realtà quando si parla di cooperazione transfrontaliera non c’è mai una una folla oceanica – dice – perché è un percorso difficile che richiede tempo, ascolto, conoscenza reciproca». «La cooperazione – aggiunge però – non si fa con gli slogan, ma permettendo di parlare e confrontarsi i territori, comprendendo e non nascondendo le differenze. Innanzitutto quelle istituzionali: mentre in Italia la politica è fatta da personalità forti, il Ticino ha un federalismo dal basso che decide su base collegiale». Il console generale italiano in Ticino Alberto Galluccio, presente in sala, invita a discutere di cooperazione con la svizzera concentrandosi «sul bicchiere mezzo pieno, sulle opportunità di lavoro e sviluppo che realmente hanno questi territori». E di certo «la libera circolazione delle persone ormai è una realtà tra Italia e Ticino», ha sottolineato Marinella Cappelletti della Camera di Commercio di Como. Ma per quella delle imprese restano dei problemi. «Spesso le imprese ticinesi sono spaventate dalla prospettiva di investire in Italia per ostacoli burocratici, tasse, permessi. Ma c’è spesso anche una scarsa conoscenza della realtà amministrativa italiana» ha detto Rinaldo Gobbi della Camera di Commercio Ticino. Inoltre: «I diversi sistemi formativi hanno ancora difficoltà a dialogare» ha spiegato Furio Bednarz dell’ente di formazione Ecap. Insomma: «L’Insubria come spazio economico non è ancora una realtà, ma le opportunità per diventarlo ci sono – riassume Gioacchino Garofoli, docente di Politica economica all’università dell’Insubria – se riuscirà a sviluppare innanzitutto una sua identità per non essere fagocitata dalle vicine aree metropolitane. E poi con un percorso di sviluppo comune a partire da ciò di cui dispone: una delle aree più industrializzate del mondo con forte vocazione al commercio internazionale». L’assenza della politica, dice inoltre Garofoli «in realtà non è cosa di oggi, è un’assenza di lungo periodo, per l’incomprensione di alcuni temi cruciali dell’agenda: analizzare i fabbisogni economici del territorio, sviluppare le competenze tecniche necessarie». Infine passare alla governance «che significa gestire processi insieme, fare cooperazione istituzionale. Temo che invece qualcuno l’abbia confusa con “governo”».
Piero Orlando

e.marletta

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