Il Giro incorona Basso “Ora il Tour de France”

VERONA L’Arena è un luogo magico che odora di passato, fatto di pietre che se potessero parlare racconterebbero storie meravigliose di imperatori, gladiatori ed eroi. Un luogo talmente speciale che è capace di riportarti d’incanto ai tempi dell’antica Roma, basta chiudere gli occhi: il nuovo imperatore celebrato dalle folle viene da Cassano Magnago, ha occhi dolci e un cuore d’acciaio, si chiama Ivan Basso. Come un eroe venuto dal cielo, Ivan è piombato sul suo popolo festante fasciato di rosa e in sella al suo cavallo di carbonio: le mani sul Giro d’Italia, in un giorno atteso e sognato per quattro anni lunghi come una vita. Quattro anni, tanto è il tempo passato da quella vittoria nel 2006 che pareva l’inizio di una parabola inarrestabile e invece si è trasformata nell’anticamera di un inferno difficile da vivere. Quattro anni nei quali Ivan ha rischiato di crollare, di mollare tutto, travolto da un mondo cinico e infame che prima ti fa sedere sul trono del re e il giorno dopo ti ricaccia nella polvere. Quattro anni che sono serviti a Ivan per scoprire che i giri si vincono con forze diverse rispetto a quelli che gli avevano insegnato fin da ragazzino: forze fatte di sguardi e abbracci, di presenze continue e discrete, di sguardi e silenzi. «Forze fatte di persone – ha detto Basso dopo il traguardo – che nei prossimi giorni chiamerò una per una o andrò a trovare per guardarle dritte negli occhi: dalla mia famiglia ai miei compagni, dal mio preparatore Aldo Sassi che sta vivendo un momento difficile ai tanti amici. Ora è difficile trovare una sola persona a cui dedicare questa vittoria: la dedico a tutte le persone che mi hanno sostenuto in questi anni». E siccome i sogni sono fatti di immagini, l’immagine che non se ne andrà mai più è quella di Ivan sul podio insieme ai suoi due bimbi: «Anche loro si meritavano un momento così, e

so che lo aspettavano da tempo: soprattutto Domitilla. Lei ha due occhi che parlano, e in quegli occhi ho sempre letto un desiderio speciale. Ricordo un giorno del 2008, quando con lei guardavo una tappa del Tour: alla fine vinse Sastre, che poi salì sul palco della premiazione portando in braccio il suo bambino. Ecco: in quel momento ho guardato Domitilla e ho capito che lei mi stava chiedendo la stessa cosa. Oggi ho realizzato quel sogno e scendere dalla bici dopo la crono per trovare subito l’abbraccio dei miei figli è stata la cosa più bella che potessi chiedere a questo Giro». Un Giro che, noi lo sappiamo bene, non è un punto di partenza. «Ho nel cassetto del comodino di casa un foglio con il percorso del prossimo Tour: non l’ho mai voluto guardare, ma ora lo farò. In Francia voglio esserci, e non per andare in vacanza: non sarà facile perché avrò di fronte gente fortissima, ma voglio restituire al Tour un po’ di quello che il Tour ha dato a me». Basso si guarda indietro, alle sue spalle un cartellone con le tappe del Giro che ha appena vinto: che cosa si prova, ora? «Sarò banale, sarò scontato, ma dentro di me ora c’è tanta gioia: tanta davvero. Negli ultimi anni, che sono stati particolari, ho avuto la forza di recuperare tutta la mia felicità: ne mancava solo una fetta, che adesso ho raggiunto. Sì: adesso la mia felicità è totale. E credo che il bello debba ancora venire: nei prossimi giorni mi renderò conto di quello che è successo, di quello che ho fatto, di tutte queste belle cose che mi stanno capitando». Vogliamo dirle tutte? «Diventerò papà per la terza volta: l’ho saputo durante il Giro, il giorno prima della tappa dello Zoncolan». Proprio il giorno in cui Ivan ha fatto esplodere il Giro vincendo la tappa più bella. E, no: non è un caso.Francesco Caielli

e.romano

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