GALLARATE Prima ha voluto girare per la città per vedere i manifesti «Via le mafie da Gallarate». Poi si è concesso la solita coca-cola, guardacaso, all’ex bar Bossi, con annesso bagno di folla. Dopo la visita a sorpresa di lunedì, ieri il Senatùr è tornato nella città dei Due Galli.Anche questa volta a sorpresa, con i militanti, due su tutti la candidata sindaco Giovanna Bianchi e il segretario provinciale Stefano Candiani, che arrivavano alla spicciolata a salutare Umberto Bossi. E poi la gente, tanta gente. Ci sono i semplici cittadini, dalla signora che gli dice «sono di Casorate, cercate di mettere le cose a posto», a chi si lamenta degli interventi sulla giustizia: «Ma se gli votate sempre le leggi, come fanno a processarlo?», con un chiaro riferimento alle vicende di Silvio Berlusconi.Ci sono quelli che Bossi lo conoscevano da ragazzo, prima che diventasse il Senatùr e, passando per il centro, hanno voluto salutarlo. «Ti ricordi di me?»: ad un certo punto è arrivato anche Andrea Buffoni. L’ex parlamentare socialista, oggi candidato sindaco per Unione italiana, ha dunque un passato da “monello” in comune con il leader del Carroccio. «Lui veniva su ai Ronchi con la sua banda», ha ricordato Bossi, «ma noi li aspettavamo con le fionde».Ma a scaldare il clima elettorale a Gallarate non è stato solo il leader del Carroccio. Gli scontri, più o meno fisici, tra gli attacchini e le denunce di chi si è visto coprire i manifesti accompagnano, infatti, da sempre le campagne elettorali. Ma la triste novità di questo 2011 sono le lettere anonime di minaccia.Lettere che, cosa ancora più assurda, non sono arrivate ad un candidato, ma ad un semplice cittadino. “Colpevole”, nell’ottica assurda degli ignoti responsabili, di avere espresso il suo parere sul Pdl. Un parere certo non lusinghiero, basti pensare a due foto, una con il simbolo pidiellino e la scritta «Popolo dell’impunità», l’altra con lo stemma dei Due Galli sormontato da una coppola, postate sulla pagina Facebook «Gallarate al voto» da Benedetto Predazzi.Sì, è il figlio di Marco, l’anima del «Melo», ad
essere stato vittima di due lettere minatorie. «Dopo l’ennesima lettera di minacce, per tranquillizzare la mia famiglia, da oggi mi sottraggo dalla diatriba politica via web sulle prossime elezioni», scriveva ieri in rete. «Le minacce non mi fanno alcuna paura, ma se il livello dello scontro è questo non ne vale la pena». Non bastassero le lettere, poi, «da qualche giorno un’idiota mi riga la macchina».Contattato dalla «Provincia di Varese», Predazzi non ha voluto rilasciare alcun commento. Via Facebook, il giovane ha incassato la solidarietà del capogruppo del Pdl, Alessandro Petrone. Il quale, sempre sul popolare social network, ha denunciato di essere stato aggredito da due militanti leghisti nella notte tra il 2 e il 3 maggio. Avvisato dagli attacchini pidiellini, che lamentavano il fatto che i padani stessero coprendo i manifesti del partito, Petrone si è recato sul posto.«Terrone, mafioso, paraculo: vai via o ti meniamo», gli avrebbero detto due militanti leghisti che poi, sempre secondo il racconto del pidiellino, lo avrebbero spintonato, facendolo finire contro un furgoncino. «Non vi denuncio, qualcuno vi ha graziato anche questa volta, ma vergognatevi e abbassate i toni», ha poi scritto commentando un post dell’ex candidato sindaco leghista Stefano Gualandris. Fonti leghiste parlano invece di due anziani militanti giunti a tarda sera al Lega-Point di corso Italia, impauriti perché presi a male parole da non meglio precisati esponenti del Pdl. Nella sede padana, l’altra sera c’era anche il segretario provinciale Stefano Candiani. «In campagna elettorale un manifesto fuori spazi ci sta, è il sale di questi momenti», minimizza, «comunque a me non risulta nulla, probabilmente chi si lamenta cerca solo visibilità per ottenere più consensi».Sull’aggressione c’è la parola di Petrone, ma sul fatto che i padani, con i loro manifesti, abbiano sconfinato, c’è una denuncia presentata ieri da Unione Italiana. «Chi rivendica il rispetto delle regole deve essere il primo a non infrangerle», spiega Massimo Gnocchi (UI), «se la Lega ha bisogno di spazio per farsi perdonare errori del passato, non lo faccia con noi, perché in questi dieci anni siamo sempre stati all’opposizione».
s.bartolini
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