Cosa si pensa di ottenere liberalizzando l’orario di apertura dei negozi? Non ci sono mai stati tanti disoccupati come ora. La gente ha sempre acquistato, indipendentemente dagli orari. Il negoziante potrebbe anche fare visite dirette a domicilio, ma se i soldi mancano o comunque la gente è spaventata dal futuro che ci aspetta, le cose non cambieranno. Sono altri i provvedimenti che andrebbero presi urgentemente, oltre a quelli che sono ricaduti e ricadranno come al solito sul cittadino comune sempre più spennato.
Ilaria Mascetti
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Liberalizzare significa aumentare le opportunità di lavoro per tutti. Specie per quelli che oggi sono penalizzati maggiormente, per esempio i giovani. Questo vale in ogni settore. A proposito del commercio, l’orario (di fatto) libero è già una prerogativa felice dei grandi magazzini e d’alcuni negozi. Adesso lo sarà senza alcun vincolo e per chiunque voglia tenere aperto quando (e quanto) gli pare. Dove sta il danno e per chi? Non per il consumatore, che disporrà d’un ventaglio più ampio di possibilità orarie (oltre che di qualità: la competizione ne alza il livello) negli acquisti. Non per il gestore o proprietario che, a seconda della categoria merceologica e della zona diffusionale, potrà scegliere di vendere secondo ciò che più ritiene conveniente. Non per i dipendenti degli esercizi, che beneficeranno dell’incremento di concorrenzialità per trovare la risposta adatta alla loro domanda occupazionale.
Aggiungerei che un vantaggio ne trarranno anche la vivibilità e la sicurezza cittadine: meno le saracinesche stanno abbassate e più viene scoraggiata la microcriminalità di strada che così tanto ci preoccupa. Infine, e in generale, appare evidente la sterilità di stracciarsi le vesti a ogni piè sospinto invocando il cambiamento, e poi ristracciarsele di nuovo quando accenni di cambiamento arrivano. Il provvedimento più urgente da prendere è la riottosità individuale degl’italiani ad accettare i provvedimenti presi nell’interesse collettivo.
Max Lodi
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