Ada, la combattente di Varese per la cittadinanza agli stranieri

VARESE «È un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani. Non viene riconosciuto loro un diritto fondamentale».

Una frase per molti versi storica quella pronunciata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano martedì sera, durante l’incontro con la federazione delle chiese evangeliche al Quirinale. Non sono tardate le reazioni negative dei leghisti, primo tra tutti il sindaco di Varese Attilio Fontana. Ma proprio nella sua città abita una delle fondatrici del Movimento e Unione Nazionale Interetnica, Ada Tourè.

Il presidente Napolitano, con la sua esternazione, ha voluto attirare l’attenzione su un disegno di legge fermo ormai da tempo tra le stanze del Parlamento: a firma del deputato Pd Andrea Sarubbi e dal collega di Fli Fabio Granata, esiste già una proposta di legge per dare la cittadinanza italiana ai ragazzi stranieri nati in Italia, stabilendo così lo “ius soli”, il diritto del suolo, e abrogare la logica dello “ius sanguini”, vigente ora, che concede la cittadinanza solo a chi ha un genitore italiano.

Fontana, a margine di un convegno dell’Anci a Milano, si è subito dichiarato contrario all’appello di Napolitano. «È una proposta che non ha senso – ha detto il primo cittadino di Varese – credo che sia profondamente sbagliato e ingiusto cambiare. Il rischio è che in futuro, se si cambiasse il percorso di cittadinanza, molte verrebbero a partorire in Italia solo per ottenere per i loro figli la cittadinanza». Cosa che succede, ad esempio, negli Stati Uniti, dove però lo ius soli ha permesso, di fatto, la nascita della nazione.

Ada Tourè, varesina vicepresidente di Muni, dice di essere soddisfatta della presa di posizione del capo dello Stato, e ancora di più che nel nuovo governo Monti sia compreso un ministero per l’Integrazione. Ma ci tiene a specificare: «Questo non significa che l’Italia deve diventare un luogo in cui basta nascere per avere tutti i diritti di chi abita qui da tempo».

Perché il disegno di legge in discussione parla già chiaro: la cittadinanza va concessa a chi nasce in Italia da genitori stranieri, sì, ma che abitino da anni nel nostro Paese. Ada sa bene di cosa parla: mamma veneta, papà guineano, è cresciuta tra Milano, la Guinea, lo Zaire e la Svizzera. La sua famiglia ora è in Italia, e lei da parecchi anni vive a Varese, dove si è sposata col musicista Dado Moroni. Nel 2010 ha fondato Muni, proprio per favorire un percorso che «faccia capire agli italiani che la realtà del loro paese non è più quella che si vede sui media, o dipinta dai politici: siamo un Paese multiculturale, e i ragazzi stranieri nati qui, come ha detto il Presidente, sono una risorsa per il nostro futuro».

Di più, continua Ada: «Sono il presente. Non è possibile pensare che ragazzi nati e cresciuti in Italia, immersi nella nostra cultura, abbiano solo il passaporto di un Paese di cui, spesso, hanno solo sentito parlare».

Muni è formato da altre persone come Ada, nate da matrimoni misti, cresciute con la convinzione che la multiculturalità sia una risorsa fondamentale per il futuro del mondo. Insieme a quella che Ada chiama «cittadinanza attiva». «Organizziamo incontri, laboratori e workshop sulla multiculturalità – racconta – rivolti ai bambini, agli insegnanti, ma anche ai cittadini».
Chiara Frangi

s.bartolini

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